Prefazione alla seconda edizione del 2015 (di Stefania Ignazzitto)
Chi
sono i Figli della Topa? Da chi vengono ascoltati? Cosa vogliono raccontare?
Sono
queste le domande che ci si pone di fronte ai racconti di questo libro. I Figli della Topa
sono i protagonisti di ogni giorno, ma non protagonisti comuni, soliti, direi
piuttosto nascosti.
Persone
usuali si, ma costretti a fingere un'identità per farsi accettare, o
"marchiati" dalla società come diversi. Spesso considerati ribelli o anticonformisti,
illusi di avere una vita "fuori dagli schemi". Leggendo tra le righe di questo
libro, soffermandosi attentamente su ogni dettaglio qui citato possiamo
scorgere anime ferite, soprusi, inganni. Il lettore potrebbe rimanerne scosso
oppure indifferente, ma ciò che lo accomuna alle storie raccontate è la voglia
di riscatto.
Il libro si compone di sette
racconti più due inediti, inseriti come omaggio allo sviluppo critico
dell'autore nei confronti degli argomenti trattati.
Il
primo, forse piú evidente filo conduttore di questi Figli della Topa
è la sessualità, il rapporto tra la consapevolezza di una propria identità
sessuale e il resto del mondo. Durante la fase di crescita ad ognuno di noi è
sorto il dubbio su cosa ci spingesse a sentire certi impulsi primitivi, dettati
dalla propria natura. Spesso abbiamo confuso la nostra sessualità con la nostra
identità sessuale, vergognandoci o nascondendoci. Ad alcuni, i più fortunati, è
stato detto che non c'è niente di male. Bisogna seguire il corso della natura.
Ad altri, la massa, è stata negata qualsiasi forma di "diversa identità
sessuale".
"C'era un tempo in cui aveva
combattuto con tutte le sue forze contro quel destino così duro e crudo. Ma non
era come tutti gli altri ragazzi, non poteva conformarsi con un sesso a cui non
si sentiva di appartenere..." Cosi, in "Salvami", il penultimo racconto inedito,
descrive la sua vita l'altro protagonista senza identità, senza un nome; lui,
che desiderava fin da bambino esser nato in un altro corpo, diverso da quello
che non riconosceva come suo. Lui, che aveva avuto un'infanzia piuttosto
felice, tra calcio e chiacchiere con gli amici, attimi di felicità che a volte
venivano interrotti da una strana consapevolezza: l'irrefrenabile desiderio di
indossare i vestiti della sorella.
In "Salvami" non c'è il lieto
fine, il lettore non può assistere alla risoluzione del conflitto che guida
l'intera storia, ma è messo davanti ad un messaggio di speranza: nonostante
tutto, ciò che conta è vivere in nome di almeno un attimo di felicità.
Si
parla quindi di omosessualità, ma anche di eterosessualità, di istinti, di
dipendenze, ma soprattutto di amore. Un amore, dai primi racconti, che vive
nell'ingenuo e nella favola, un amore che non si arrende alla sconfitta, un
amore che tutto può. "Nessun
problema, se ci credi si può", così dice Renato Zero in una
sua canzone, ed è ciò che accade nell'ultimo dei nove racconti, anch'esso
inedito, il cui protagonista è un giovane soldato senza nome, quasi non fosse
mai esistito. Lui, che proprio per amore, oltre che per la sopravvivenza, lotta
durante la guerra per un solo obiettivo, tornare a casa dalla propria moglie e
riabbracciarla in nome dell'eternità.
La
speranza è il secondo elemento cardine di tutti i racconti. La speranza è
quella fiamma che può divampare in un incendio se la si coltiva e si protegge
dal vento. La speranza è quella goccia di rugiada che ci sveglia la mattina
dopo un incubo, o quel raggio di sole che ci scalda dopo un brutto temporale.
È la
luce di una candela in una chiesa, come per Fabiana, la protagonista di "Uomo
no!", costretta a rifugiarsi da sé stessa per vergogna di guardarsi dentro e
vedere il vuoto. Costretta a fare i conti con una realtà scomoda, quella della
dipendenza dalla droga, catapultata in un mondo adulto e senza pietà. Eppure,
la pietà è ciò che la accoglie in quel luogo sacro.
Un
ultimo filo conduttore tra i nove racconti è l'accettazione. Un cammino
tortuoso che inizia innanzitutto da sé stessi. Una strada che percorre il
protagonista di "Motel", un'accettazione che inizia con il suo rapporto con il
padre, un'accettazione che punge, che fa male, che lo scuote fino al momento in
cui rischia di perdere tutto. Un'accettazione che lo spinge a "svendere" il suo
corpo, a ricoprirsi di ridicolo di fronte alla vita dissoluta che conduce; cosi
si vede con gli occhi degli altri. Un fallimento. E quando crede di aver
trovato la soluzione ai suoi problemi incontrando Carlo, se ne vergogna, perché
quell'amore non è giusto provarlo. Non si può essere omosessuali e non
prostituirsi. Non si può accettare la propria omosessualità e lasciarsi andare
nel turbine della purezza. La vita gli dimostrerà che una risoluzione è sempre
possibile.
Vite
difficili, vite spezzate, a volte risollevate, vite con un lieto fine, vite
fugaci, nascoste.
"I Figli della Topa"
sono queste vite. In fondo siamo tutti noi, che per paura, per vergogna, o per
ipocrisia spesso ci nascondiamo, fuggiamo dal mondo. Chi per aver commesso
qualche errore, chi per aver capito di avere un'identità sessuale differente
dal comune, chi per diffidenza nei confronti del futuro o del cambiamento. Basterebbe
poco per comprendere, perché di comprensione abbiamo sempre più bisogno, per
lasciare entrare quella luce che anche dal letame un bocciolo prima o poi fa affiorare.