Divide et impera

01.08.2019

"Divide et impera" è una locuzione latina secondo cui il migliore espediente di una tirannide o di un'autorità qualsiasi per controllare e governare un popolo è dividerlo, provocando rivalità e fomentando disordine. La tradizione attribuisce l'origine del detto (ovviamente non in latino) a Filippo il Macedone, padre di Alessandro Magno e in politica e sociologia si usa per definire una strategia finalizzata al mantenimento di un territorio e/o di una popolazione, dividendo e frammentando il potere dell'opposizione in modo che non possa unirsi contro un obiettivo comune. Elemento tipico di questa tecnica consiste nel creare o alimentare faide e i dissapori tra le fazioni: facendo ciò si contribuisce all'indebolimento e al successivo deterioramento dei rapporti fra le fazioni e le parti politiche dominanti, rendendo impossibili eventuali alleanze o coalizioni tra esse che potrebbero mettere in discussione il potere dominante.

Ora, quello che stiamo vedendo in questi mesi travagliati è un imbarbarimento della diatriba politica, logorata da un continuo via vai di scandaletti, piccoli intrighi, grandi problemi irrisolti (e che manca assolutamente la volontà di risolvere). Un lento e inesorabile logorio che si trascina da anni, che negli ultimi mesi si è intensificato, e che sta dando i propri frutti: le persone sono ormai ricolme d'odio, incapaci di reagire e riunirsi sotto un unico vessillo (quello antifascista) per reagire al dilagare della barbarie. Una barbarie che sta facendo gioco a chi, sul dolore, sulla disperazione e sulla rabbia sta costruendo le fondamenta del suo prossimo grande successo elettorale.

Soprattutto negli ultimi diciotto mesi in Italia le cose sono profondamente cambiate. Gli italiani sono cambiati. La rabbia, l'indignazione e il senso di ingiustizia covati per anni contro un sistema corrotto che non riusciva a correggersi, l'odio mai davvero sopito verso i diversi e le minoranze, la paura per una invasione che non è mai avvenuta, la rabbia verso una Europa percepita (e fatta percepire per comodità politica) come foriera di disgrazie e causa dei nostri mali, ci stanno cambiando. Anni di tv spazzatura, di messaggi discordanti, di politici che promettevano la luna e non facevano nulla, di macelleria sociale e assenza delle istituzioni, hanno portato a quello che vediamo oggi per le strade, sui social, ovunque.

Viene da chiedersi: siamo sempre stati cosí o lo siamo diventati? Gli episodi di razzismo e omofobia sono aumentati per via della propaganda cui siamo sottoposti oppure banalmente ci sentiamo legittimati a comportarci in certi modi solo perché al potere abbiamo quegli stessi che aizzano poveri contro poveri? Cosa è andato storto? L'evoluzione sociale avrebbe dovuto cancellare le differenze nell'arco delle due ultime generazioni: certo, ci saranno sempre persone "perbeniste" che fingeranno accettazione ma dentro odiano i negri, gli omosessuali... i diversi. Anche nella tollerante ed accogliente Norvegia esistono sacche di resistenza alla integrazione ed alla laicizzazione dello stato in chiave liberale. Ma nel momento in cui omofobia e xenofobia sono percepite come giuste perché sostenute da esponenti importanti per numero di sostenitori o perché parti del governo nazionale, questa gente darà la stura alle proprie pulsioni peggiori. Certi italiani non sono diventati razzisti, semplicemente lo sono sempre stati. Solo che adesso non hanno piú vergogna a dirlo perché non è piú percepito come moralmente inaccettabile.

È evidente come l'esacerbazione dei toni a cui stiamo assistendo da almeno venti anni sia aumentata all'indomani dell'insediamento del Governo del cambiamento seguendo un piano preciso: buttarla in caciara su tutto, mandando in vacca qualsiasi tentativo di dialogo tra le istituzioni, che si era già molto deteriorato ma che è diventato una continua gara a chi urla di piú. Con certa parte politica argomentare è sempre stato difficile, ma adesso è diventato addirittura impossibile e il guaio è che l'esasperazione di veder trascinato tutto nel fango fa venire la tentazione di urlare ancora piú forte, con il risultato che tutti urlano e nessuno capisce piú nulla. In questo i social stanno agevolando moltissimo questo trend al ribasso non solo attraverso la diffusione capillare e scientifica di Fake news spesso atte a distruggere e demonizzare il nemico, ma soprattutto attraverso gli slogan ripetuti a pappagallo dai sostenitori faziosi e arrabbiati, che vomitano odio contro il bersaglio del giorno: il PD, i giudici comunisti, le ONG, gli immigrati, gli omosessuali, gli intellettuali non allineati... in una continua carneficina di idee, parole, concetti tutti triturati nelle macine rozze della propaganda. Niente è al riparo dalla lente distorsiva della storia che ci viene raccontata, nessuno è immune e non si ha rispetto neanche di chi muore: l´importante è distrarre la gente con dosi massicce di odio. E non importa se in questo modo si avvelena ancora di piú la società italiana, se si minano le basi dello stato di diritto, se si mette in pericolo la stessa sopravvivenza di pezzi del tessuto umano del paese.

A chi aizza i poveri contro altri poveri non interessa assolutamente nulla delle conseguenze di questo odio. Banalmente è solo uno dei tanti modi possibili per allontanare da sé la responsabilità delle scelte scellerate compiute e scaricarle su un capro espiatorio che di volta in volta cambia. Perché l'importante è stornare l'attenzione della gente dai veri problemi che affliggono la società, che come dicevamo prima non si ha alcunissima intenzione di risolvere. Il tutto sempre nel nome del "divide et impera". E il popolo, tenuto incolto con scientifica intenzione, è ridotto come i famigerati capponi di Renzo: mentre legati per i piedi vengono portati al macello, si beccano l'un l'altro inconsapevoli del proprio destino. 

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