Ci hanno censurato l’infanzia

25.06.2025

di Nicola Accordino

Immagina Shun di Andromeda: capelli verdi, armatura rosa, una catena al polso, uno sguardo che non ti aspetti. È un Cavaliere dello Zodiaco, sì, uno dei "maschi" per eccellenza nel mondo degli anime anni '80. Ma Shun è dolce, sensibile, capace di piangere senza vergogna. Un ragazzo che rompe lo stampo del macho duro. Solo che quel pezzo di mondo, quella visione alternativa, non ci è mai stata mostrata davvero. Ce l'hanno tagliata via, strappata con censura e doppiaggi.

Questo non è un dettaglio banale. È la chiave per capire come siamo cresciuti in una cultura dell'emotività repressa e della rigidità identitaria. Prendiamo Sailor Uranus e Neptune: in Giappone erano due ragazze innamorate, una coppia queer esplicita e delicata. In Italia? Sono diventate "cugine". Il doppiaggio ha cambiato intere battute, trasformando un sentimento in un vincolo di parentela. Rivedere quei dialoghi oggi fa quasi male, come se ti togliessero la dignità e la complessità dei personaggi.

O ancora Ken il Guerriero: in versione originale, Ken è un uomo tormentato, capace di lacrime, dubbi, rimorsi. In Italia, la censura ha tagliato via quasi tutte le scene emotive. È rimasto un guerriero spietato, una figura priva di umanità, quasi un robot. La componente umana, la vulnerabilità che lo rendeva reale, è stata censurata per non "confondere" i bambini. E così è cresciuta una generazione di spettatori con modelli maschili piatti, unidimensionali.

Dragon Ball, un altro caso: il corpo, la scoperta, l'ambiguità, tutto ciò che in Giappone era naturale e giocoso, in Italia è stato rigido, moralista. Le scene che potevano suggerire curiosità, ambiguità sessuale o educazione corporea libera sono state modificate o tagliate. Il corpo è diventato tabù, non uno strumento di conoscenza o espressione.

He-Man, infine: un eroe muscoloso con doppia identità e un sottotesto queer sottilissimo, oggi evidente a chiunque lo riveda. Ai tempi? Quell'ambiguità è stata nascosta sotto un mare di stereotipi muscolari, cancellando un potenziale messaggio di fluidità e complessità identitaria.

In quegli anni, la narrativa dei cartoni e fumetti italiani ha lavorato come una macchina che riproduceva uno schema rigido: il maschio è blu, forte, virile, sempre pronto a combattere senza mostrare mai una lacrima. La femmina? Rosa, dolce, fragile, da proteggere o salvare. È un binarismo di cui paghiamo ancora il prezzo.

Le lacrime di Shun? Togliete. La dolcezza di Uranus? Nascosta. I dubbi di Ken? Rasi al suolo. Piangere? Da femmine. Mostrare sensibilità? Pericoloso. È questo che ci hanno raccontato, ma soprattutto che ci hanno mostrato. Attraverso la censura, è stato cancellato il diritto maschile alla vulnerabilità, e questo ha generato una forma di mascolinità tossica che arriva fino a oggi.

Film e serie come G.I. Joe o Transformers, fortemente censurati anche in Italia, rinforzavano solo la mascolinità aggressiva e priva di emozioni. Nessuno spazio alla fragilità, al dubbio o all'ambiguità. Nel frattempo, programmi per ragazze come Heidi o Sailor Moon mostravano modelli più emotivi, ma sempre relegati in uno spazio "protetto" e limitato, mai capaci di interagire davvero con i modelli maschili in modo paritario.

Questo ha alimentato una frattura emotiva che vede ancora oggi uomini incapaci di gestire la rabbia o il dolore se non con aggressività, e donne spesso lasciate sole nel lavoro di accoglienza emotiva.

Dietro la censura non c'erano solo intenti "educativi". C'era un progetto culturale preciso: mantenere un ordine sociale fondato su ruoli rigidi, famiglia tradizionale e controllo delle emozioni.

La Chiesa e le istituzioni hanno giocato un ruolo importante: cancellare ogni forma di rappresentazione che uscisse dagli schemi eteronormativi. Non si trattava solo di proteggere i bambini, ma di evitare che crescessero con modelli diversi, che potessero mettere in discussione i ruoli di genere tradizionali.

Un esempio emblematico: nel doppiaggio italiano di Sailor Moon Uranus e Neptune non potevano mostrarsi come coppia. È un caso che dimostra come la censura fosse uno strumento per rendere invisibili identità e affetti non conformi, e quindi per preservare una visione del mondo che escludeva ogni ambiguità sessuale.

Questa censura ha avuto un effetto a catena: ha tolto visibilità, ma anche la possibilità di immaginare mondi diversi, di accettare la diversità come parte normale della vita. Ha imposto una "normalità" che era in realtà un'imposizione, un modo per controllare e limitare la complessità umana.

Crescere senza modelli di vulnerabilità e diversità ha lasciato un vuoto profondo nella nostra capacità di costruire relazioni autentiche. La mancanza di rappresentazione ha fatto sentire "sbagliati" chi non rientrava nei canoni imposti. Chi era fragile, diverso, o amava fuori dagli schemi, si è trovato spesso solo e incompreso.

La difficoltà di riconoscere e accettare l'altro nasce da qui. L'assenza di riferimenti emotivi e identitari nella cultura popolare ha prodotto adulti che hanno difficoltà a gestire le emozioni, che temono la diversità e che spesso cercano di controllare o negare ciò che non capiscono.

Pensiamo alle relazioni tossiche, ai femminicidi, alla violenza di chi non sa accettare un rifiuto. Sono il risultato di un sistema che ha insegnato a vedere l'altro come un "nemico" o una "minaccia", non come una persona complessa da accogliere.

La censura ha creato una cultura della vergogna: ciò che non è mostrato o nominato diventa un tabù, e il tabù diventa vergogna. Se ti dicono che mostrare sensibilità o amore verso persone dello stesso sesso è sbagliato, impari a nasconderlo.

Questo porta a un'auto-negazione che alimenta ansia, depressione, solitudine. La vergogna spegne l'autenticità, ti impedisce di costruire un'identità solida e di sviluppare empatia per gli altri.

Non è un caso che molte persone LGBT abbiano vissuto o vivano tuttora situazioni di isolamento e disagio psicologico legate proprio a questa invisibilità culturale.

Ci hanno lasciato un mondo appiattito, semplificato, dove la complessità viene sempre tradita. Cartoni, film e programmi di quegli anni ci hanno offerto eroi senza ombre, storie d'amore esclusivamente etero, corpi da nascondere o mascherare, emozioni da reprimere.

Ci hanno lasciato un vocabolario emotivo povero, fatto di silenzi e tabù, dove non era possibile parlare di fragilità, diversità o amore fuori dagli schemi.

Ci hanno lasciato una società dove la mascolinità è ancora troppo spesso sinonimo di durezza e la diversità è guardata con sospetto o rifiuto.

Ci hanno tolto la possibilità di crescere in un mondo autentico, in cui la complessità umana fosse accolta e rappresentata.

Ci hanno tolto modelli di riferimento emotivi veri, che potessero insegnarci a vivere la vulnerabilità senza vergogna.

Ci hanno tolto la possibilità di imparare a riconoscere e accettare la diversità, lasciandoci con paura, pregiudizi e difficoltà nelle relazioni.

Oggi la realtà è diversa?

Oggi, quando vediamo finalmente personaggi LGBT in film o serie TV, molti storcono il naso: "Ormai è troppo, basta con 'sta roba woke". Ma non è "troppa" rappresentazione. È rappresentazione che ci era stata tolta per decenni.

Non è che una volta il mondo fosse più "normale". Era solo più censurato, più artificioso, più falso.

Riprendere in mano quelle storie, guardare le versioni originali di Shun, Uranus, Ken, He-Man significa riappropriarsi di una verità che ci hanno nascosto.

Se vuoi capire davvero cosa ci hanno tolto, guarda quelle versioni originali. Rivedi i cartoni giapponesi senza il filtro della censura italiana. Ascolta le parole originali. Vedi cosa è stato cancellato, cosa è stato cambiato, cosa ti è stato nascosto.

Ti sentirai derubato. Ma forse, solo così, potrai cominciare a riprenderti ciò che è tuo.


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Nota dell'autore Questo testo non è una critica a Gemma Galgani, e nemmeno a chi guarda Uomini e Donne. È un tentativo di guardare sotto la superficie, di capire cosa succede quando la fragilità umana viene trasformata in intrattenimento. Parlo da spettatore, da ex complice, da persona che si è lasciata affascinare e disgustare. E che oggi sente il...

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