Mangiate veleno, la chiamate libertà

28.12.2025

di Nicola Accordino

Basta.
Non "basta" come lo dicono nei talk show, con la faccia contrita e la voce impostata. Basta sul serio. Basta da nausea. Basta da stanchezza cronica. Basta da "ma davvero siamo ancora qui a spiegare queste cose nel 2025?".

Partiamo da una cosa semplice, terra‑terra, concreta: il cibo

In Italia, in Europa, una delle poche cose di cui ancora ci vantiamo è il fatto che quello che mangiamo è relativamente controllato. Non perfetto, non santo, non immacolato. Ma controllato. E questa cosa dà un fastidio enorme, quasi fisico, agli Stati Uniti.

Perché? Perché esiste una lista lunghissima, oscena, imbarazzante di prodotti che negli USA sono legali, venduti, pubblicizzati, infilati nei carrelli della spesa e nei panini dei bambini… e che l'Unione Europea vieta. Non per ideologia. Non per capriccio. Ma perché sono tossici. Cancerogeni. Neurotossici. Endocrino‑interferenti. Roba che negli studi scientifici seri non passa neanche la porta.

Glifosato usato come se fosse acqua santa. Atrazina, vietata da noi da anni perché altera il sistema ormonale. Pesticidi che finiscono nel terreno, nell'acqua, nel cibo, nel corpo. Carne bovina trattata con ormoni della crescita che qui sono vietati perché aumentano il rischio di tumori. Polli trattati con arsenico. Sì, arsenico. Non una metafora. L'elemento chimico che nei gialli si usa per ammazzare la zia antipatica. Additivi alimentari che in Europa sono banditi perché correlati a disturbi neurologici nei bambini, ma che negli USA trovi nei cereali "per la colazione sana". Coloranti che fanno sembrare il cibo un giocattolo Fisher‑Price e il fegato un laboratorio chimico. Sciroppo di mais ad altissimo contenuto di fruttosio infilato ovunque: nel pane, nelle salse, nello yogurt, nell'aria che respiri.

In Europa questa roba non entra. Negli USA è business. E questa differenza li manda fuori di testa. Perché per loro il problema non è la salute pubblica. È che non possono venderci la loro merda.

E qui entra in gioco Trump. Trump non è un'anomalia. È un acceleratore. È uno che dice ad alta voce quello che altri dicevano sottovoce. Nei documenti ufficiali della sicurezza nazionale americana l'Unione Europea viene vista come un competitor da indebolire. Non un alleato, non un progetto politico. Un ostacolo. Per Trump l'UE è colpevole di una cosa imperdonabile: funziona abbastanza da dare fastidio. Ha regole. Ha standard. Ha un'idea – imperfetta, lenta, litigiosa – che il mercato non possa fare tutto quello che cazzo vuole sui corpi delle persone.

E quindi via con le pressioni. Via con i dazi. Via con la narrativa della "burocrazia europea cattiva". Via con il sostegno alle destre sovraniste europee, quelle che urlano "libertà" mentre chiedono di smantellare le uniche regole che ti impediscono di mangiare veleno.

E qui arriva il capolavoro dell'ipocrisia: i vaccini. Trump che strizza l'occhio al mondo no‑vax. Trump che sconsiglia vaccini pediatrici fondamentali. E poi lui, la sua famiglia, il suo entourage? Vaccinati. Protetti. Blindati. E poi arriva Kennedy Jr. Uno che, se potesse, trasformerebbe la sanità pubblica in una puntata di "Cose misteriose". Uno che scredita tutti i vaccini davanti al pubblico, mentre le élite continuano a vaccinarsi come esseri umani nel XXI secolo.

Il messaggio è chiarissimo, anche se non lo dicono: la scienza è per noi, l'ignoranza è per voi. La protezione è per chi conta, il rischio è per il popolo.

E mentre negli Stati Uniti si torna a vedere malattie che pensavamo sepolte con i libri di storia della medicina, in Europa – con tutti i suoi difetti – si continua a salvare vite. Ed è questo che fa impazzire i populisti anti‑UE.

Perché l'Unione Europea, con tutte le sue lentezze, ha un'idea pericolosissima: che la legge venga prima della forza, che la salute venga prima del profitto, che il diritto venga prima del mercato. E questa cosa è incompatibile sia con il trumpismo sia con il progetto russo. 

La Russia ha un modello semplice, brutale, coerente: quello che faccio dentro, lo faccio fuori. Forza. Violenza. Dominio.

L'UE è l'unico spazio politico che dice: no, grazie.

E allora ecco il punto di contatto tra USA trumpiani e Russia putiniana: indebolire l'Unione Europea. Non perché siano amici. Ma perché gli rompe i coglioni.

E in mezzo a tutto questo ci siamo noi. Con una quantità imbarazzante di europei – italiani in testa – convinti di essere "furbi" perché votano partiti anti‑UE. Convinti di essere ribelli mentre fanno esattamente il gioco delle potenze che vogliono un'Europa debole, frammentata, litigiosa, ricattabile. Gente che grida "sovranità" mentre consegna il proprio corpo, la propria salute e il proprio futuro a chi li vede solo come mercato di scarto.

Questa non è un'opinione. È la realtà dei fatti.

Qui non stiamo parlando solo di pressioni esterne. Perché la verità più scomoda è che l'Unione Europea non viene indebolita solo da fuori. Viene sabotata dall'interno. L'Unione Europea è un progetto incompleto, spesso contraddittorio, a volte ingiusto, lento nel reagire, incapace di capire alcune fratture sociali reali. Tutto vero. Ma è anche, oggi, l'ultimo argine rimasto tra i cittadini e il dominio totale del capitale senza regole. L'ultimo spazio politico che prova – male, bene, a fatica – a dire che la salute, i diritti e le tutele collettive non sono variabili sacrificabili. 

Ed è proprio per questo che viene attaccata. Il punto decisivo è che molti politici europei non stanno cercando di correggere l'Unione Europea. La stanno svuotando. Non la riformano: la delegittimano. Non la migliorano: la paralizzano. Non la difendono: la consegnano.

Questi politici – che siano di destra, di sinistra o di centro conta sempre meno – fanno una cosa molto precisa: lavorano per interessi economici che vedono l'UE come un ostacolo. Non come una casa comune. Come un problema da rimuovere.

E qui bisogna essere chiari, senza giri di parole: chi combatte l'Unione Europea dall'interno, mentre dice di difendere il popolo, sta facendo collaborazionismo politico. Non per ideologia. Per convenienza. Si mettono al servizio dei capitali più aggressivi, quelli che vogliono meno regole, meno limiti, meno tutele, più profitto immediato. E lo fanno raccontando alla gente che è "libertà".

Ma la libertà senza regole per i forti è sempre schiavitù per i deboli.

Il paradosso è grottesco: questi politici fanno parte dello stesso popolo che quei capitali vorrebbero spremere, impoverire, ammalare e rendere ricattabile. Eppure agiscono come se fossero immuni. Come se il crollo non li riguardasse. Come se la devastazione colpisse sempre qualcun altro.

Ed è qui che, personalmente, finisce ogni possibilità di rispetto. Perché non stiamo parlando di divergenze politiche legittime. Stiamo parlando di persone che chiedono consenso promettendo protezione, mentre smantellano gli strumenti che quella protezione la rendono possibile.

Quando un politico dice di difendere il popolo ma lavora contro le uniche strutture che pongono limiti al potere economico, non sta sbagliando analisi. Sta scegliendo da che parte stare. E questa scelta, che sia fatta a destra, a sinistra o al centro, ha un nome solo: tradimento della funzione pubblica.

Su questo non serve urlare slogan. Basta guardare i fatti. E i fatti, purtroppo, parlano chiarissimo.Se oggi in Europa non puoi vendere certi pesticidi, è perché qualcuno ha deciso che la tua vita vale più del profitto. Se oggi i vaccini funzionano, è perché qualcuno ha deciso di ascoltare la scienza invece degli influencer ignoranti. Se oggi l'UE è sotto attacco, è perché – nonostante tutto – è ancora uno spazio che rompe il cazzo ai potenti.

E allora sì. Incazziamoci. Incazziamoci forte. Perché la calma, qui, non è equilibrio. È rassegnazione. E la rassegnazione è esattamente quello che sperano.


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Basta.
Non "basta" come lo dicono nei talk show, con la faccia contrita e la voce impostata. Basta sul serio. Basta da nausea. Basta da stanchezza cronica. Basta da "ma davvero siamo ancora qui a spiegare queste cose nel 2025?".

Immaginate un Natale che non sa di cannella. Un Natale che non profuma di pandoro, né di pubblicità col vecchio con la barba che saluta dal camion rosso come se fosse il Messia del marketing. Un Natale che, appena lo annusi, senti che sta mentendo. E allora capisci che non è magia: è propaganda zuccherata.