Salvini, i Pastori e le pecore
In questi giorni è cresciuta e la rabbia e la protesta dei pastori sardi che, a causa della flessione del consumo di formaggio di pecora, hanno visto scendere il prezzo del latte e lamentano il fatto di non riuscire piú a coprire le spese di produzione, incolpando produttori e distributori di voler speculare sul loro lavoro abbassando il piú possibile il prezzo del latte. Ai pastori sardi e siciliani, che si sono recentemente uniti alla protesta, va naturalmente il mio appoggio e sostegno, anche se le proteste talvolta hanno raggiunto apici violenti e intimidatori, con alcuni personaggi che hanno costretto gli autotrasportatori a sversare il latte (di cui non erano proprietari) e a filmare il tutto con il telefonino, oltre ai blocchi stradali, allo sversamento del latte nelle strade delle città e altre azioni di protesta pacifica. Ma al netto dei fatti estremi, la protesta dei pastori sardi raccoglie generalmente il consenso e l'appoggio della popolazione.
Il ministro degli interni Salvini, non appena ha sub nasato l'odore di consensi facili, è volato in Sardegna per dare sostegno alla protesta e promettere un tempestivo e incisivo aiuto a sostegno dei pastori. Sostegno che si tramuterà sicuramente in incentivi statali ricavati dalla fiscalità generale (leggi nostre tasse) come è già successo in passato con la questione delle quote latte. Sul fatto che queste sia giusto o no, non compete a me deciderlo. Sicuramente aiutare i cittadini in difficoltà è un dovere dello Stato, anche se non è dando soldi ma controllando la filiera che si può risolvere una situazione che vede nei pastori, anello piú debole della produzione, quelli che pagano in prima persona le conseguenze della situazione (Vi rimando al video di Breaking Italy in merito).
La questione quindi diventa da sociale a politica. Salvini, in vista anche delle prossime elezioni regionali in Sardegna, appoggia la protesta, promette interventi che non sarà lui a implementare (spetta a Di Maio e Tria decidere in merito), mostrandosi ancora onnipotente ed onnipresente anche (e soprattutto direi) negli ambiti che non gli competono. La strategia di Salvini e del suo team è chiara: scegliere le battaglie piú facili da vincere e di maggiore impatto politico, per mostrarsi quindi decisivo, tempestivo e dare soluzioni pratiche (e soprattutto immediate) ai cittadini. Si mostra diverso dalla vecchia politica della casta, lontano dalla lentezza decisionale del parlamento e dello Stato, percepiti come macchinosi e farraginosi. Salvini non vende sogni ma solide realtà. Ed infatti la Lega sale nei sondaggi, a discapito dell'alleato di Governo, che essendosi intestati le battaglie piú difficili (reddito di cittadinanza in primis) e di difficile e lunga risoluzione (Tav, No trivelle, questioni ecologiste), da anti casta diventa agli occhi dell'opinione pubblica casta. Salvini sa scegliersi le battaglie e vola in Sardegna mentre Di Maio sembra piú impacciato, meno diretto, piú politico.
Una cosa però che i commentatori ufficiali spesso non fanno notare è che il Salvini che è andato a sostenere i pastori sardi nelle loro proteste, è lo stesso che ha firmato un decreto, quello sulla sicurezza, in cui viene reintrodotto il reato di blocco stradale (che era stato depenalizzato nel 1999), sanzionato, se il fatto è commesso da più persone, con la pena della reclusione da 2 a 12 anni. Ovviamente non sto certo chiedendo che chi protesta venga incarcerato e processato, ma dovrebbe far comprendere il gioco politico del ministro degli interni, che non solo tradisce lo spirito della legge da lui stesso creata, ma soprattutto, decide chi commette reato e chi no in base alla propria convenienza politica. Sarà interessante vedere come lo stesso Ministro si comporterà quando a creare blocchi stradali e quindi andare contro la legge, saranno gruppi sociali a lui avversi e contrari. Soprattutto sarà interessante come le pecore a seguito del pastore reagiranno a questo nuovo esempio di doppiopesismo ed opportunismo targato Salvini.