Il Coming Out Day e l’importanza di poter essere se stessi

11.10.2018

Nel mondo LGBT l'espressione coming out è usata per indicare la decisione di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. Dal 1988, in tutto il mondo, l´11 ottobre si celebra il Coming Out Day, idea lanciata da Robert Eichberg, psicologo del New Mexico, e Jean O'Leary, politico ed attivista LGBT di Los Angeles, durante il workshop The Experience and National Gay Rights Advocates. 

La data fu scelta in quanto si trattava del primo anniversario della seconda marcia nazionale su Washington per i diritti delle lesbiche e dei gay, tenutasi appunto l'11 ottobre 1987.  

Molti, anche in seno alla comunità LGBT, credono che il coming out sia inutile, che non ci sia bisogno di dover dichiarare nulla a nessuno, che si debba vivere senza farsi imporre o imporsi alcuna etichetta. Io credo invece che sia profondamente importante prendere posizione, esporsi, dire chiaramente chi si è e cosa, visti i tempi in cui ci troviamo, in cui sembra che movimenti estremistici vogliano far ritornare i vecchi tempi delle discriminazioni, delle violenze, delle sparizioni. In un mondo sempre piú radicalizzato, piú vicino a posizioni di presunto "naturalismo" in cui gli omosessuali sono visti come un pericolo, un qualcosa di aberrante, di abominevole, bisogna prendere posizione, salire sulle barricate ed esporsi, resistere.

Personalmente io ho scelto da tempo la via dell'esposizione: ho fatto il mio percorso di coming out interno, di accettazione completa e totale della mia condizione, liberandomi dei dogmi delle religioni ed impostando la mia vita non tanto sul cosa fossi (omosessuale) ma su chi fossi (un essere umano). Il mio personale percorso è iniziato e finito in Sicilia, nella mia amata terra, dove ancora purtroppo l'omosessualità è percepita come qualcosa da nascondere, di cui non bisogna mai parlare. Ho scelto di espormi con i miei genitori, con i miei fratelli e renderli partecipi della mia vita. Non sono un ingenuo, so che le difficoltà non sono ancora tutte superate, d'altronde capisco: se io stesso ho impiegato anni per accettare di essere "diverso", capisco che anche loro avranno bisogno dei loro tempi per comprendere che l'unica cosa che cambia in me è chi amo non il modo in cui amo. Ed è su questo che io sto cercando di impostare il mio dialogo con loro. Quando scrivo o parlo di questo tema, lo faccio come se mi rivolgessi a loro, che per me sono un esempio da seguire per certi versi, ma anche il perfetto modello di come siano radicati certi pregiudizi e di come sia difficile superarli. La mia personale "battaglia" quindi è quella di riuscire a renderli consapevoli della realtà che ci circonda e di quando il mondo LGBT non sia qualcosa di separato dalla società ma ne sia parte integrante. E come il resto della società, ha aspetti positivi e negativi. Ci vorrà tempo ma non dubito mai nel loro affetto e nella loro capacità di buttare il cuore oltre l'ostacolo e comprendere che l'Amore, quello vero, ha diverse forme ma resta sempre lo stesso.

Il Coming Out non è mai facile, ma anche nascondersi ha i suoi (molto piú profondi) lati negativi. Negare, nascondersi a tutti, fingere anche con sé stesso. Puoi costruire una diga su un fiume ma prima o poi l'acqua troverà il modo di passare. Non puoi negare a lungo di essere qualcuno senza pagare (e fare pagare agli altri) un prezzo. Frustrazione, infelicità, odio profondo verso chi ha avuto il coraggio di esporsi e di vivere liberamente la propria vita. Per non parlare delle violenze che questo genere di frustrazione porta con sé. Certo, non nego che il dolore di un rifiuto può essere difficile da accettare, comprendere. Pensiamo che se ci nascondiamo, se ci reprimiamo, possiamo evitare il confronto e il dolore che potrebbe conseguirne. Si ha paura di perdere tutto, ma finiamo per perdere noi stessi. Nonostante cresciamo nell'idea che la famiglia sia sempre il nostro punto di riferimento, la fonte inesauribile d'amore, temiamo che quell'amore non sia abbastanza, che non capiranno mai, che ci butteranno fuori di casa. Viviamo nel terrore di un ipotetico dolore senza mai capire che negare continuamente davanti le persone a cui vogliamo piú bene non è una soluzione. Perché con il tempo porta a rancori, odi, sospetti. Perché alla fine diventiamo paranoici, pensiamo che gli altri ci odino perché hanno capito e che non ci rispettino per questo. Quando in realtà i primi a non avere rispetto di noi siamo noi stessi.

Il Coming Out mi ha aiutato a raggiungere un equilibrio migliore, a sentirmi piú sicuro e consapevole non solo di chi sono ma anche di quale può essere il mio apporto alla società. Debbo molto al mio modo di essere: forse se non fossi stato omosessuale, non mi sarei mai attivato nella ricerca approfondita di me stesso, addentrandomi in quella autoanalisi che mi ha portato ad essere l'uomo che sono. Guardarsi dentro, sradicare le erbacce che religioni, istituzioni, sentire comune ci impiantano sul cuore, è questo che porta il coming out, se svolto in modo sincero, obiettivo, preciso. Ho conosciuto persone che, pur vivendo in una relazione omosessuale, continuavano a pensare di essere sbagliati, malati, anormali. Persone che si credevano risolte solo perché avevano abbandonato la propria casa e vivevano la propria vita lontano, fingendo poi quando tornavano una normalità che non esisteva. Persone che credevano di essere al sicuro ma che non lo erano affatto. Quello non è Coming Out, quello è scappare: restare a mezzo del guado non aiuta a vivere bene.

Oggi piú che mai il Coming Out Day è un segnale da dare alla società ma anche alle singole persone: non siamo tutti uguali, abbiamo sensibilità, modi di essere che sono diversi e personalizzati, dobbiamo fuggire dall'idea del pensiero unico, dell'uniformità totale e ad ogni costo. L'omosessualità non è una moda, non è un capriccio, non è perversione. Molti pensano che il mondo LGBT sia questo, ma la realtà è molto diversa. L'omosessualità non è una malattia, non è contagiosa, non è una devianza. Non è legata a presunte violenze né a carenze affettive. Non è determinato da fattori ormonali o da chissà quale ipotetico problema. L'omosessualità è parte della natura, è un altro modo di essere, diverso ma pur sempre parte del corso naturale delle cose. Dobbiamo cercare di abbandonare i preconcetti, liberarci dal pensiero del sesso, visto come qualcosa di sbagliato o addirittura, da relegare alla sola procreazione. Bisogna recuperare il lato umano dell'uomo, quello spirituale e comprendere che il sesso è solo una manifestazione del nostro io interiore, del nostro spirito. Che non ha sesso essendo esso incorporale, collegato all'energia, che tutto permea, dell'Amore.