56. I Capponi di Renzo 

10.05.2020

Nel terzo capitolo dei Promessi Sposi c'è una scenetta gustosa che mi fa sempre pensare: Renzo, dopo che è andato a monte il matrimonio con Lucia, su consiglio di Agnese, si reca da un noto avvocato lecchese, il dottor Azzeccagarbugli, per ottenere qualche dritta legale. Per non presentarsi a mani vuote il nostro eroe porta in dono quattro capponi che tiene stretti per le zampe, a testa in giù e, visto che è piuttosto agitato, durante il cammino gesticola facendo ballonzolare in modo indecoroso le teste degli animali i quali, da parte loro, ne approfittano per beccarsi a vicenda.

Scrive il Manzoni con la sua consueta ironia: "Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all'in giù, nella mano d'un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l'alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura."

Quella dei capponi di Renzo è una chiara metafora: spesso quando ci troviamo in difficoltà invece di essere solidali e di fare fronte comune con coloro che si trovano nella nostra stessa situazione, tendiamo a "beccarci" tra di noi, accusandoci a vicenda degli insuccessi, cercando di sfuggire alle nostre responsabilità, cercando di mettere in evidenza i nostri pregi in contrapposizione con i difetti altrui, cercando di "chiamarci fuori" anche se, come succede ai capponi, siamo "dentro" in pieno.

Sembra ben rappresentare la condizione umana: siamo quasi in otto miliardi "aggrappati" ad un sassolino che, a folle velocità, insieme ad una miriade di altri oggetti, ruota attorno ad una piccola stella, situata alla periferia di una galassia formata da centinaia di miliardi di stelle che è solo una dei miliardi di galassie che ci sono nell'Universo. Su questo "sassolino" siamo come formiche impotenti di fronte ai fenomeni naturali: terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, uragani, fanno vittime a caso. Siamo soggetti a malattie ed a sofferenze di ogni genere e, per tutti, alla fine giunge la morte. Siamo dunque in una condizione disperata, proprio come i capponi di Renzo e, proprio come i capponi di Renzo che si beccano tra di loro, non troviamo di meglio da fare che "beccarci" fra di noi.

Nel corso della storia della civiltà umana, dalla preistoria fino ai nostri giorni, gli uomini non hanno trovato di meglio da fare che combattersi fra di loro. Da sempre, la civiltà umana è stata caratterizzata da guerre, atrocità di ogni genere, crudeltà inenarrabili verso esseri umani ed animali. In una fase di crisi globale, con il cambiamento climatico che già inizia a stravolgere gli ecosistemi più diversi, con la polarizzazione sociale che separa sempre più disperatamente chi è dentro e chi è fuori dalla dinamica della generazione di valore economico, con la distribuzione ineguale della conoscenza e delle opportunità di educazione, gli umani non trovano di meglio che discutere allo spasimo su una quantità impressionante di dettagli, dividendosi in regioni, nazioni, tribù, campanili, palazzi, condomini, appartamenti...

Certo, l'umanità ha vissuto epoche nelle quali i conflitti sono stati funzionali a una modernizzazione, ma anche altre in cui un'ideologia o una forma elaborata di pensiero ha condotto alla guerra, alla rivoluzione o alla lotta. Ci sono state condizioni tanto insostenibili e improvvise da generare rivolte meno pensate ma facilmente interpretabili perché fondate su fatti che accomunano i molti sofferenti e li separano dai pochi privilegiati. Ma in questa fase sembra che decine di capi di stato, migliaia di partiti e partitini, milioni di utenti di social network abbiano capito che se vogliono conquistare un pezzo di potere devono dare addosso con veemenza a qualcun altro, generando conseguenze difficili da dimenticare e ferite difficili da rimarginare.

Il litigio attuale è acuito del sistema della comunicazione: la potenza dei social network è tale da consentire a certe forme di comportamento litigioso, accusatorio, dietrologico, complottista, di ottenere traffico e attenzione sufficienti da costruire un potere esercitabile in qualche modo. L'unico pensiero, in questi casi, non è nelle persone che parlano ma nella progettazione delle piattaforme che usano.

A questo va aggiunto che per molti, indipendentemente dall'estrazione sociale, dall'educazione o dal grado di istruzione di chi scrive, è difficile fare autoanalisi, comprendere se e dove si è sbagliato, avere senso critico, mentre è piú facile gettare la colpa sugli altri, beccarli senza rendesi speso conto di essere nella stessa situazione e dalla stessa parte. Un difetto a cui è difficile scappare anche quando si è consapevoli dei propri limiti. Anche chi, come me, crede di essere immune, si lascia travolgere dalle emozioni, dalla voglia di menar le mani, dal desiderio di aver ragione o di dimostrare di stare dalla parte giusta. E su questo meccanismo di difesa pessimo e antisociale, certi individui si inseriscono per crearsi lo spazio necessario per poter poi comandare su tutti. Portando alle storture politiche, economiche, sociali e democratiche che vediamo.

A mio avviso, si è dato in mano uno strumento come internet a persone che spesso non sapevano come usarlo, ed il risultato è stato un completo stravolgimento di tutto, dalla informazione al modo di raccogliere consensi. Unito al fallimento della alfabetizzazione di massa, che invece di creare libero pensiero ha invece stimolato un insegnamento solo nozionistico ma non umanistico (come sostengono i neoumanisti, promotori di un orientamento filosofico o ideale che si richiama, in un contesto attuale, ai valori, contenuti e modelli dell'umanesimo), questo sta portando alla affermazione di una nuova ideologia che rischia di portarci indietro sulla strada di un maggior dialogo basato su quel che ci unisce e non su quel che ci divide. La soluzione, ancora una volta, è una corretta informazione, una nuova etica che metta al centro la conoscenza e la fattualità e piú spazio al senso critico e al rispetto degli altri.

Se non si fa nulla, i polli continueranno a beccarsi, fino a che non finiranno nella pentola di qualche azzeccagarbugli.