Nel regno di Italìa, che si estendeva tra spiagge, call center e contratti a tempo, viveva un popolo vasto e affaticato: giovani pendolari, genitori con tre lavori e una speranza, operai coi nervi a pezzi, e stranieri che parlavano italiano con più cura di certi senatori.
UNA FIABA PER CHI NON VUOLE VOTARE | Referendum 8-9 Giugno 2025
di Nicola Accordino

Nel regno di Italìa, che si estendeva tra spiagge, call center e contratti a tempo, viveva un popolo vasto e affaticato: giovani pendolari, genitori con tre lavori e una speranza, operai coi nervi a pezzi, e stranieri che parlavano italiano con più cura di certi senatori.
Un giorno, il Consiglio dei Saggi, forse per rimorso o per sbaglio, propose quattro decreti che potevano cambiare la vita del popolo. Non promesse elettorali da rotocalco, no: vere possibilità di cambiamento, immediate, solide. Bastava un gesto semplice, antico, quasi magico: andare a votare.
Ma dai palazzi dei potenti—quelli veri, quelli che non si candidano mai—partì un canto ipnotico:
"State a casa."
"Non serve."
"Tanto non cambia nulla."
"Chi vota è un ingenuo."
"Chi si astiene è raffinato."
E la gente obbedì. Per noia, per disillusione, per supponenza, o per pura comodità.
Il giorno del referendum, le urne rimasero mezze vuote.
Il quorum non fu raggiunto.
I decreti morirono, silenziosamente, come piante mai annaffiate.
E tutto rimase com'era.
Anzi, peggio.
Perché i potenti, quelli che fingevano indifferenza, brindavano nei salotti:
"Il popolo ci ha fatto un favore. Ha difeso le nostre leggi... restando sul divano."
E ridevano. Ridevano forte.
Ridevano di quelli che non erano andati a votare perché "tanto non cambia niente".
Perché non sapevano che un referendum abrogativo cambia tutto. Subito. Senza passare dal via.
Come quando, in un antico referendum, il popolo votò per abolire il boia.
Il giorno dopo, il boia fu licenziato.
Se ne andò col cappuccio in mano, senza neanche la liquidazione.
O come quando abrogarono il nucleare, e i cantieri si fermarono il mattino stesso, tra gli urli dei costruttori e il sollievo delle madri.
Ma stavolta no.
Stavolta nessuno fu licenziato.
Nessun abuso fu fermato.
Nessuna ingiustizia venne strappata via.
E la cosa peggiore?
Chi si era astenuto si accorse troppo tardi che aveva scelto lo stesso.
Aveva scelto di lasciare il coltello in mano a chi lo impugna da sempre.
Aveva scelto il silenzio. Che è una lingua che i potenti sanno parlare molto bene.
E da quel giorno, ogni volta che si lamentavano del lavoro precario, della cittadinanza negata, dei contratti-trappola o delle leggi scritte per pochi, sentivano un sussurro nello stomaco:
"Avresti potuto cambiare tutto.
Ma hai scelto di non scegliere.
E adesso ne paghi anche tu il prezzo.
Come sempre."
In un'epoca in cui la disillusione politica è diventata la norma, molti si chiedono se valga ancora la pena andare a votare. Spoiler: sì, eccome. E mai come stavolta. I cinque quesiti referendari del 2025 non sono semplici proposte o sogni nel cassetto da lasciare in mano alla politica. Sono abrogativi. Significa che cancellano direttamente una...