Etica a chi? Quando la destra si trucca da cultura per nascondere il vuoto

27.05.2025

di Nicola Accordino

Sai qual è il problema della destra italiana e non solo? Che non ha un'idea, ha solo una posa.

Non c'è etica, non c'è pensiero, non c'è visione. C'è estetica. Solo estetica. E nemmeno quella bella. 

È l'estetica dell'Instagram del ministro Giuli: parole altisonanti come "epos", "radici", "sacro", scritte sopra la foto di una poltrona in velluto bordeaux. Un feed da erede di Casa Pound, con il vocabolario di un dizionario di filosofia letto al contrario.

La cultura, per loro, è un oggetto da mettere in vetrina, mica un campo da coltivare. Un busto di marmo, mica una domanda scomoda. Un Dante da patriota, mica l'esule che schifava il potere.

Questi parlano di famiglia tradizionale mentre le donne muoiono ammazzate da mariti e fidanzati. Parlano di patria mentre svendono i diritti fondamentali al primo magnate del Qatar. Parlano di ordine mentre manganellano studenti inermi che chiedono giustizia per Gaza.

La loro etica è cartapesta, la loro estetica è coprofilia culturale. Prendono Nietzsche e lo usano per giustificare la gerarchia. Nietzsche, quello che odiava i greggi, i servi e le verità preconfezionate. Nietzsche, che avrebbe vomitato davanti a uno come Giuli.  Che avrebbe acceso la miccia sotto Atreju e ci avrebbe scritto sopra: "Dove vedete statue e bandiere, lì c'è l'odore del cadavere della verità." 

E lo diceva anche Pier Paolo Pasolini, che già negli anni Settanta aveva capito tutto: "Io sono una forza del passato. Ma il progresso senza etica è solo consumo."  Pasolini, che odiava i fascismi e i perbenismi tanto quanto odiava il mercato che tritura tutto, oggi se lo mettono in bocca come se fosse un cioccolatino amaro.  Lo citano nei convegni — Pasolini! — lui che scriveva che i poliziotti manganellavano per ordine del potere, e che i veri ribelli erano i figli del popolo.  E questi invece... i manganelli li benedicono. Pasolini sarebbe scappato da Atreju come da un comizio di studenti della polizia politica.

Parliamone di Atreju, la fiera di Fratelli d'Italia. Hanno preso il nome del bambino guerriero de La Storia Infinita, ma non hanno letto manco la quarta di copertina. Perché Atreyu combatteva il Nulla. E loro, il Nulla, lo votano, lo finanziano, lo promuovono nei palinsesti. Ende, se fosse vivo, li avrebbe denunciati per abuso di immaginario collettivo. 

Non hanno lasciato in pace neanche Dante: l'hanno preso e fatto patriota. Ma Dante li avrebbe presi a ceffoni. A loro, che chiamano "traditore" chi dissente, Dante avrebbe urlato: "Ahi serva Italia, di dolore ostello!" E li avrebbe messi nella bolgia dei ruffiani, tra i lecchini di potere e i burocrati del nulla.

E non basta Dante. Si sono presi pure Ezra Pound, che sì, certo, ha flirtato col fascismo, ma era un visionario, un poeta, un folle lucido. Non certo uno da citare tra un selfie e l'altro con la bandiera appesa alla parete Ikea della segreteria giovanile. Pound si è dannato per l'idea di una cultura che fosse viva, spietata, totale. E se oggi vedesse cosa ne è rimasto, si seppellirebbe da solo. "La vera rivoluzione è conservare il fuoco, non adorare la cenere." (E Pound, questa, l'avrebbe sputata in faccia a ogni salvinetto col barile della tradizione sotto il braccio.)

E Tolkien? Manco a parlarne. Lo sbandierano come se avesse scritto il Signore della Razzetta, e non un inno alla resistenza contro il potere corrotto. Gandalf diceva: "Anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro." Loro traducono: "Solo il più forte comanda."

E visto che hanno rubato pure Miyazaki, che gridava al pacifismo e all'ecologia, e hanno osato ficcare il naso perfino in Mishima, pensando che il culto della disciplina fosse sinonimo di ordine militare... beh, lasciamoglielo dire da Mishima stesso, che prima di togliersi la vita ha lasciato scritto: "La bellezza non è nulla senza il cuore." E il cuore questi quí non lo hanno. La loro destra è tutta muscoli e retorica, ma manca l'anima. È fascismo estetico da TikTok. Icone, non ideali.

Tornando al ministro Giuli, lui è il Marinetti 2.0. Ma senza l'impeto, senza il coraggio, senza l'erezione dell'ideale. Solo parole difficili messe in fila a caso, come se bastasse dir "transumanza spirituale dell'ontico" per sembrare profondi. Marinetti era folle, ma credeva nel suo delirio. Giuli è marketing per ignoranti colti. Uno che indossa la cultura come una maschera veneziana, ma sotto ha il muso da burocrate del regime.

Giuli è il sacerdote di una nuova religione: un culto della forma, un tempio del fumo senza arrosto. E quando Elio Germano osa alzare la voce, non da attore, ma da cittadino pensante, il Ministro della Cultura risponde con la bava alla bocca e lo sdegno di un parroco offeso. Non perché Germano abbia detto qualcosa di sbagliato. Ma perché ha smascherato il trucco dicendo: "La cultura non è proprietà dello Stato. È corpo vivo, critico, ribelle. E questa destra non lo sopporta.

Giuli non governa: inscena.
Parla come un personaggio di un fantasy scritto male, con parole tronfie e barocche, più utili a nascondere il vuoto che a rivelare un pensiero.

Ma Nietzsche lo aveva detto, molto prima di lui: "Coloro che danzano sono considerati pazzi da chi non sente la musica. Ecco: loro la musica non la sentono. Ma si vestono da direttori d'orchestra. Per questo odiare la cultura viva è diventata la loro missione. Perché ogni artista, ogni libro vero, ogni idea dissonante è una nota che li smaschera come sordi.

Perché succede tutto questo? Perché la destra odia la complessità. Perché l'etica impone domande. L'estetica invece impone immagini. E quindi via coi marmi, coi busti, con i "ritorni alle radici". E mentre sventolano i simboli, la sostanza marcisce. Vivono nel culto della forma perché la sostanza li smaschera. Meglio un bel palco che una brutta verità. Meglio l'epos della patria che il dramma del presente. Meglio l'ordine delle piazze che il caos delle coscienze.

La verità è che la destra vuole solo ornare il mondo, non cambiarlo. Mentre brucia il pianeta, restaurano la fontana. Mentre l'ignoranza galoppa, finanziano spettacoli su Pasolini senza leggerlo. Mentre la gente muore di lavoro, parlano di "merito". 

Ma noi siamo qui per sporcare la loro bella vetrina. Per urlare che la cultura non è un francobollo da mettere sul petto, ma un coltello da affondare nella carne del potere. La vera etica è scomoda. È sporca. È disordinata. Come lo era Dante. Come lo era Pasolini. Come lo è la verità. 

E se non reggete il peso del pensiero, fateci un favore: Tornate al nulla da cui venite. E non dimentichiamo chi questa roba l'aveva già prevista: Antonio Gramsci, nei suoi Quaderni dal carcere, scriveva che "Quando tutto è cultura, allora nulla lo è più." E oggi vediamo proprio questo: la destra che si appropria della cultura solo per svuotarla. Come una vetrina rotta, ci mettono dentro le ossa dei poeti e le usano come souvenir.

Ma se rubi le parole a chi le ha scritte col sangue, finisce che prima o poi quel sangue grida. E grida contro di te.


Quante volte l'abbiamo sentita dire? "Si nasce incendiari, si muore pompieri!". Sotto forma di battuta, come una rassegnata constatazione del tempo che passa, come se invecchiare significasse per forza diventare sordi, ciechi e muti di fronte ai sogni che un tempo ci facevano battere il cuore. Ma io una domanda ce l'ho: perché dovremmo per forza...

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