Non sei rotto, non sei solo

08.10.2028

di Nicola Accordino

Non voglio spiegarti niente, non voglio darti lezioni, voglio solo parlarti e raccontarti quello che mi sembra di aver capito, mettendo insieme i puntini che il mondo, le sostanze, la paura e la scienza ci mostrano e provando a fare un senso di tutto questo. 

Quello che stai vivendo, che sia con sostanze, alcol, cibo, telefono, videogiochi, persone, non è un segreto. Non sei solo, anche se a volte ti sembra di esserlo. 

La parola dipendenza fa paura, fa rumore, fa giudizio, ma quello che stai vivendo è molto più universale di quanto pensi. Siamo tutti chi più chi meno incapaci di regolare le nostre emozioni. Io stesso lo so bene. Ci guardiamo allo specchio e cerchiamo risposte. Alcuni le cercano nello studio, nel lavoro, nelle persone. Altri nei modi più duri, nei modi che sembrano funzionare subito, anche se alla lunga fanno male. Il nocciolo del discorso credo sia questo. 

Tutti abbiamo paura. Paura di soffrire, paura di morire male, paura di restare soli. E questa paura, se non viene gestita, ci spinge verso scorciatoie che sembrano efficaci. Il cervello è un organo potente ma semplice in certe risposte. Se mancano dopamina, serotonina, noradrenalina, il corpo e la mente cercano sollievo immediato. Questo succede con le sostanze, con comportamenti compulsivi, con relazioni che ci consumano. 

Ma quello che devi capire è che non è colpa tua. Non sei debole, è biologia, è psicologia, è la vita che ti mette davanti a una sfida enorme. Lo so che puoi sentire questa verità come un peso e va bene, ma è anche liberatoria. Non devi inventarti coraggio che non hai. Lo hai già ogni giorno, ogni volta che affronti la tua vita, ogni volta che resisti a ciò che ti fa male. Ci vuole coraggio. Prendere una pasticca qualsiasi che sai che è tossica e non sai neanche chi l'ha prodotta. Lo stesso coraggio puoi usarlo per scegliere qualcosa che fa bene, che ti sostiene, che ti riporta equilibrio. La medicina, la scienza, gli strumenti che la scienza ci dà non sono inganni, sono braccia tese verso chi ha bisogno, verso chi non vuole più restare intrappolato nel vuoto. Ti invito a guardarti allo specchio con onestà, non per punirti, ma per capire cosa ti è rimasto, cosa hai costruito davvero, quanto di ciò che chiami tu è veramente tuo e quanto è stato dettato dagli altri. 

Questo esercizio non è facile, fa male, ma è l'inizio di un percorso che può portarti a non sentirti solo, a non sentirti tradito nel tuo stesso corpo, nella tua mente. So che alcune persone restano attaccate al dolore perché definisce chi sono. È comprensibile. Cambiare significa affrontare il vuoto, significa perdere punti di riferimento, significa rischiare di smarrirsi, ma restare intrappolati nel dolore significa vivere a metà, significa scegliere compagni di sofferenza anziché persone che ti possano far stare bene. E non è un bel vivere, non è un modo per proteggersi, è un modo per sopravvivere. E sopravvivere non è vivere. 

La scienza ci dice cose semplici. Se un organismo è rotto, vai dal medico. Se il cervello è in crisi, vai da uno psichiatra o psicologo. Non significa essere pazzi, non significa essere sbagliati, significa usare ciò che la conoscenza umana ci ha dato per sopravvivere meglio, per stare meglio, per tornare a sentirsi vivi. E non c'è altra soluzione efficace. Ogni alternativa è rischiosa, temporanea e fragile. Non voglio illuderti. Non voglio dirti che sarà facile perché non lo sarà, ma voglio dirti che puoi farlo, che puoi trovare dentro di te la stessa forza che hai usato fino ad oggi, quella che ti ha fatto resistere, quella che ti ha permesso di affrontare ogni giorno nonostante tutto. Ecco, puoi usarla per cambiare direzione, per dare alla tua vita un corso diverso, per cercare un equilibrio reale, non un sollievo temporaneo. 

Non sei solo, non lo sei mai stato davvero. Non sei rotto, non sei debole, hai solo bisogno di strumenti, di mani tesi di qualcuno che sappia guidarti senza giudizio. Quello che davanti non è un percorso lineare, è un viaggio fatto di scelte, cadute, ricominci, tentativi, ma ogni passo che fai verso di te, verso ciò che ti fa bene, è già una vittoria. 

E io ti scrivo questa lettera perché tu possa leggerla quando ti senti perso, quando il giudizio del mondo ti schiaccia, quando la paura ti paralizza. Voglio che tu senta almeno per un momento che c'è qualcuno che ti capisce, che non ti punta il dito, che sa che il coraggio di cui ha bisogno lo possiedi già, anche se non lo senti. 

Questo percorso che inizia qui, con questa lettera è quello che io ho sempre voluto raccontarti, non la fine, non la soluzione miracolosa, ma la mappa di ciò che possiamo fare quando smettiamo di fuggire e cominciamo a camminare con noi stessi passo dopo passo verso una vita che valga la pena di essere vissuta.


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Non voglio spiegarti niente, non voglio darti lezioni, voglio solo parlarti e raccontarti quello che mi sembra di aver capito, mettendo insieme i puntini che il mondo, le sostanze, la paura e la scienza ci mostrano e provando a fare un senso di tutto questo.

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