La città come prigione e la musica come chiave di fuga

Leggere I Figli della Topa è come entrare in un mondo parallelo, dove la città è una prigione e la musica di Renato Zero è la chiave per fuggirne, o perlomeno per trovare una via di salvezza. Le ambientazioni, pur così ben delineate, non sono mai semplici sfondi; sono parte integrante della trama, quasi dei protagonisti stessi. La città grigia e senza anima rappresenta il vuoto interiore dei personaggi, ma è anche un luogo dove la speranza non muore mai completamente. L'autore usa uno stile quasi teatrale, in cui le descrizioni ambientali sono lunghe e dettagliate, ma mai pesanti. Ogni angolo di questa città sembra nascondere una storia, una vita non raccontata, e il lettore si sente coinvolto in prima persona.
Roberto C.