Immagina un ragazzo, Marcello, che a 18 anni dice: "Non voglio un voto, voglio solo essere guardato". Non è una frase di circostanza, ma un urlo di richiesta di riconoscimento. Perché succede che un sistema educativo nato per formare persone riduca i giovani a numeri e schede di valutazione? La psicologia di comunità ci aiuta a capire come l'ascolto sia una necessità sociale, non solo individuale.
La scuola oggi è una macchina che corre contro il tempo. Tra programmi da finire, valutazioni e burocrazia, lo spazio per un dialogo autentico svanisce. È emblematico che, come racconta Marcello, l'unico momento in cui si sente davvero ascoltato sia l'esame orale di maturità, un evento isolato in un percorso altrimenti segnato da silenzio e fretta.
Questo è confermato da uno studio del 2019 condotto dall'Università di Bologna su 1.500 studenti delle scuole superiori: il 68% dichiara di non sentirsi ascoltato a scuola, e il 74% lamenta un'eccessiva pressione sul rendimento a discapito del benessere personale. La psicologia di comunità si occupa delle relazioni tra individuo e ambiente sociale, sottolineando come il senso di appartenenza sia cruciale per il benessere psicologico (Rappaport, 1981). Quando una persona non si sente vista o riconosciuta dal proprio gruppo di riferimento, rischia di sviluppare isolamento e disagio.
Uno studio longitudinale di Zimmerman (2000) ha dimostrato che adolescenti inseriti in comunità educative con forte attenzione all'ascolto e partecipazione attiva presentano livelli significativamente più bassi di ansia e depressione. In Italia, il progetto "Ascolto attivo", sperimentato in alcune scuole di Milano e Napoli, ha introdotto incontri settimanali tra studenti e insegnanti senza valutazioni, dedicati esclusivamente al confronto libero. I risultati, pubblicati nel 2022, mostrano un miglioramento nella motivazione scolastica (+25%) e un calo delle assenze (-15%).
Erik Erikson, nel suo modello sullo sviluppo dell'identità, evidenzia come l'adolescenza sia la fase cruciale in cui si costruisce il senso di sé. Se il contesto sociale non riconosce e non ascolta il giovane, questo processo si interrompe, aumentando il rischio di alienazione e bassa autostima. Un'indagine della Società Italiana di Psicologia (SIP) nel 2023 ha rilevato che oltre il 40% degli adolescenti italiani presenta sintomi di disagio psicologico correlati a sensazioni di invisibilità sociale.
Spesso la richiesta di ascolto viene banalizzata come "vittimismo" o "lamentele da millennials". La psicologia di comunità sottolinea che il "vittimismo" può essere una risposta a condizioni reali di marginalizzazione e mancanza di empowerment (Kelly, 2006). Un esempio calzante arriva da una ricerca di Sennett (2012) che analizza come la società occidentale, sempre più individualista, espone i giovani a un'assenza di reti sociali di sostegno, favorendo sentimenti di frustrazione e isolamento.
L'ascolto non deve essere un evento episodico, ma una pratica diffusa. Serve una cultura della relazione che coinvolga insegnanti formati all'ascolto empatico, famiglie che valorizzino le emozioni dei figli e un territorio che offra spazi di aggregazione inclusivi. In questo senso, la presenza di figure come psicologi scolastici, mediatori culturali e operatori sociali è fondamentale per costruire reti di supporto efficaci.
La psicologia di comunit'a ci offre delle possibili soluzioni.
- Formazione degli insegnanti: tecniche di ascolto attivo e comunicazione empatica riducono la distanza emotiva con gli studenti (fonte: Ministero dell'Istruzione, 2024).
- Spazi di dialogo non valutativo: gruppi di parola e laboratori creativi incentivano l'espressione autentica e migliorano il clima scolastico (ricerca CNR 2023).
- Coinvolgimento degli studenti nella progettazione e gestione delle attività per aumentare il senso di appartenenza e responsabilità (progetto europeo "Youth Empowerment", 2022).
- Collaborazione con servizi di psicologia di comunità per interventi mirati, specie in contesti socialmente vulnerabili (Istituto Superiore di Sanità, 2023)
Il caso di Marcello ci ricorda che ascoltare un giovane non è un favore, ma un dovere sociale. Il rischio non è la fragilità dei ragazzi, ma il silenzio assordante di un sistema che continua a guardarli senza vederli.