Analfabetismo funzionale: la sfida culturale del XXI secolo

01.09.2018

L'Italia è la seconda nazione europea, al pari della Spagna e dopo il primato turco, per numero di analfabeti funzionali o low skilled, pari circa al 47% della popolazione totale (fonte PIAAC-OCSE, Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti).

L'UNESCO definisce dal 1984 l'analfabetismo funzionale come «la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità». Il termine fu coniato all'interno di un'indagine sui nuclei familiari svolta dalle Nazioni Unite nel 1984: tale definizione fu introdotta per sopperire alle necessità dell'UNESCO di un concetto di alfabetizzazione complementare a quello di alfabetizzazione minima introdotta dall'agenzia nel 1958. Infatti, all'interno della stessa indagine veniva sollevata la questione delle campagne di alfabetizzazione di massa, suggerendo che esse avrebbero dovuto mirare a standard di alfabetizzazione più elevati del semplice saper leggere e scrivere, e concentrandosi sullo sviluppo della capacità di saper utilizzare tali competenze nelle relazioni fra sé e la propria comunità e le situazioni socioeconomiche della vita

Il fenomeno non è nato quindi con internet. Ma lo conosciamo meglio grazie ai social. Il giornalista Enrico Mentana ha coniato il termine "Webeti" per indicare le persone che non leggono bene o non capiscono i suoi post. Il vero precursore è però Umberto Eco: "I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel".

Uno studio intitolato Literacy at Work ("Alfabetismo sul lavoro"), pubblicato dal North East Institute nel 2001, ha rilevato che le perdite economiche attribuite a carenze nelle abilità di base ammontano a miliardi di dollari all'anno a causa della bassa produttività, degli errori e degli incidenti riconducibili all'analfabetismo funzionale. La ricerca sociologica ha dimostrato che i paesi con livelli inferiori di analfabetismo funzionale tra le loro popolazioni adulte tendono ad essere quelli con i più alti livelli di alfabetizzazione scientifica tra la classe inferiore dei giovani che si avvicinano alla fine dei loro studi accademici formali. Questa corrispondenza suggerisce che un fattore che contribuisce al livello di alfabetizzazione civica di una società è la capacità delle scuole di far sì che gli studenti raggiungano l'alfabetismo funzionale richiesto per comprendere i testi e i documenti di base associati ad una cittadinanza competente.

Coloro che sono analfabeti funzionali possono essere soggetti a intimidazione sociale, a rischi per la salute, a varie forme di stress, a bassi guadagni ed altre insidie associate alla loro inabilità. La correlazione tra crimine ed analfabetismo funzionale è ben nota ai criminologi ed ai sociologi di tutto il mondo. Nei primi anni 2000, è stato stimato che il 60% degli adulti nelle carceri federali e statali degli Stati Uniti fosse funzionalmente o marginalmente analfabeta, e che l'85% dei delinquenti minorenni avesse problemi riguardanti la lettura, la scrittura e la matematica di base.

Gli analfabeti funzionali, vista la loro scarsa capacità di riconoscere le informazioni corrette da quelle false o distorte, spesso tendono a credere a notizie non vere senza verificarle e a diffonderle. Nell'era di internet e dei social network, dove ognuno può pubblicare qualcosa e renderlo visibile a migliaia di persone, questo problema ha assunto dimensioni importanti.

Nel caso di disinformazione legata a temi medico-sanitari (vaccini, omeopatia o terapie alternative in genere) le conseguenze sociali possono essere drammatiche, in quanto le informazioni fuorvianti possono mettere a repentaglio la salute o la vita di molte persone, e anche dei loro figli minori.

La diffusione di notizie false o "bufale" basate sui pregiudizi verso alcune categorie di persone (per etnia, religione, orientamento sessuale...) può portare alla diffusione di atteggiamenti discriminatori ed emarginanti nei loro confronti, aggravando ulteriormente la loro posizione minoritaria e rendendo più difficile la loro integrazione sociale e lavorativa.

In generale, la diffusione dell'analfabetismo funzionale deriva da radici politiche, sociali e dal livello di istruzione, ma ciò non implica che i laureati non possano diventare potenziali low skilled. Infatti, analfabeti funzionali non (solo) si nasce, ma si diventa. Alcuni individui, possono subire un fenomeno di retrocessione dovuto all'analfabetismo funzionale di ritorno, non sollecitando per molto tempo tutte le attività acquisite in precedenza, come la lettura, l'informazione, la creatività e lo sviluppo di un pensiero critico generale.

Nel Bel Paese, secondo l'identikit tracciato dall'Osservatorio Isfol e pubblicato nell'articolo "I low skilled in Italia", solo il 10 percento degli analfabeti funzionali è disoccupato, fanno lavori manuali e routinari, poco più della metà sono uomini e uno su tre è over 55. Più del 60 percento dei loro è concentrato tra sud e nord ovest del Paese, regioni che presentano le percentuali più alte tra quelle analizzate. Tra i soggetti più colpiti troviamo i pensionati e le persone che svolgono un lavoro domestico non retribuito, i quali costituiscono da sempre le fasce culturalmente più deboli. Tra i risultati più interessanti, l'aumento della percentuale di low skilled al crescere dell'età, passando dal 20 percento della fascia 16-24 anni all'oltre 41 percento degli over 55. Ciò è dovuto, secondo la ricercatrice Mineo, all'assenza della scolarità obbligatoria per chi è nato prima del 1953 ma anche alla maggiore presenza dell'analfabetismo di ritorno tra le fasce più adulte.

Per scoprire se anche tu sei un Analfabeta Funzionale, è necessario sottoporsi ad un test che valuta le conoscenze di adulti in due domini di competenze relativi ai processi di elaborazione delle informazioni essenziali: Literacy e numeracy. La Literacy fa riferimento all'interesse, l'attitudine e l'abilità degli individui ad utilizzare in modo appropriato gli strumenti socioculturali, tra cui la tecnologia digitale e gli strumenti di comunicazione per accedere, gestire, integrare e valutare informazioni, costruire nuove conoscenze e comunicare con gli altri, al fine di partecipare più efficacemente alla vita sociale. La numeracy invece consiste nell'abilità di accedere, utilizzare, interpretare e comunicare informazioni e idee matematiche, per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta.

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