11. L’Italia è uno Stato Laico? 

26.03.2020

Stamattina facendo lo rapido zapping tra i canali, ho visto Papa Francesco in televisione celebrare la messa dalla sua residenza. Tutto normale direte voi, il capo della religione maggioritaria in Italia dimostra la sua vicinanza ai fedeli attraverso la preghiera. E sarebbe pure lecito, se ciò avvenisse su una rete privata (come Tv2000 che fa parte del circuito Vatican Media) e non sul primo canale della rete nazionale. Perché è quello che è successo. Certo, non è una novità che la messa venga trasmessa via TV, la stessa RAI come Mediaset hanno nei loro palinsesti domenicali questi eventi, ma in questo momento di sconcerto e sconforto per molti, credo sia ancora piú fuori luogo una programmazione del genere sulla TV di uno Stato che dovrebbe essere Laico e aconfessionale.

Il principio di laicità dello Stato è sancito dagli artt. 7 e 8 della nostra Costituzione (art. 7: lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani»; art. 8: tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge) ed è stato confermato e rafforzato nei successivi interventi del legislatore e della giurisprudenza, anche costituzionale, che ne hanno sostanziato il contenuto nel pluralismo confessionale, nella parità tra i culti e nella posizione di equidistanza dello Stato rispetto alle varie confessioni religiose. Uno stato laico è uno stato che distingue tra diritto e morale, tra politica e religione, tra sfere ed ambiti delle diverse competenze di questi e che garantisce la reciproca non ingerenza nelle rispettive questioni interne. È neutro, non deve cioè identificarsi in alcuna dottrina, né deve essere condizionato da alcun credo o da alcuna ideologia. Diversamente, richiamarsi preferibilmente ad una confessione religiosa, riconoscendo solo i suoi principi e valori morali e spirituali, finirebbe per avere efficacia escludente nei confronti dei cittadini che in quei valori non si riconoscono, creando discriminazioni tra essi.

Ma il fatto che nella rete ammiraglia della TV nazionale sia trasmesso il rito di una confessione specifica, va non solo contro la laicità dello Stato ma soprattutto contro il principio di uguaglianza delle confessioni e, quindi, dei cittadini. Si, è vero, c'è sempre la democratica scelta di cambiare canale, ma non è questo il punto. Il punto è che o si da spazio a tutte le confessioni di potersi esprimere attraverso il tubo catodico oppure il Vaticano potrà comunque servirsi della sua TV (che già tra l'altro trasmette comunque lo stesso evento), nel rispetto della democrazia, della costituzione e della libertà dei cittadini. Il ruolo di uno Stato che si professa solo laico è proprio quello di rendersi parte attiva per garantire che nessuno imponga la propria visione del mondo agli altri. E invece con questo comportamento servile e accondiscendente, la TV di stato mostra una preferenza per una confessione quando in realtá dovrebbe porsi in modo neutro, dando a tutti lo stesso spazio di espressione. Il servizio pubblico deve rappresentare tutti, non solo una parte della popolazione. E soprattutto non può essere un servizio pubblico confessionale e di una sola religione, per di più. E gli ebrei? I buddisti? Gli islamici? Perché loro no?

Qualcuno potrà dire: ma esistono trasmissioni che parlano di altre confessioni. Sono andato a cercarle sulla Rai, esiste qualcosa qua e là, ma sono messi nel palinsesto ad orari impossibili, quasi sempre intorno alla mezzanotte. Di che parliamo, dunque? Un conto è trasmettere la Messa del papa alle 7:00 del mattino (o ogni domenica alle undici), un conto è parlare degli ebrei a notte inoltrata. Non solo: c'è una differenza abissale tra trasmettere una celebrazione e parlare di una religione, la stessa che esiste tra avere due ore di educazione cattolica obbligatoria con docenti scelti dal Vaticano ma pagati dello Stato e avere un'ora con un laico in cui si parli di tutte le religioni. Il servizio pubblico dovrebbe fare approfondimenti religiosi, non essere confessionale, trasmettendo in diretta celebrazioni. È così evidente. "Ma lo Stato ha firmato i Patti Lateranensi e la Rai è dello Stato" potrebbe dire qualcuno. Quindi, visto che abbiamo firmato i Patti Lateranensi, tutto ciò che è pubblico deve essere confessionale? Mi sembra palese che la laicità non funziona cosí. Con i Patti Lateranensi (sottoscritti nel 1929 dal regime fascista), la Chiesa cattolica ha riconosciuto l'esistenza di uno Stato italiano ed ha accantonato definitivamente ogni pretesa giuridica sul territorio di Roma, così come l'Italia riconosce la Città del Vaticano come Stato sovrano e indipendente. Il nuovo Concordato (revisione dei patti del 1986 firmati per l'Italia da Bettino Craxi) da un lato abolisce una serie di privilegi della Chiesa cattolica incompatibili con uno Stato laico e pluralista, come la confessionalità dello stato; dall'altro però ne garantisce, nello stesso tempo, gli spazi di libertà. Ma va ricordato che lo Stato italiano, oltre al Concordato con la Chiesa cattolica ha stretto intese con alcune confessioni religiose presenti nel Paese, ai sensi dell'art. 8 della Costituzione. L'accordo consiste in atti contrattuali stipulati ed elaborati all'interno dell'ordinamento statuale tra soggetti qualitativamente ineguali.

Il progresso culturale della società ci impone di guardare a tutte le religioni con maggiore spirito critico valutando gli aspetti positivi, ma anche quelli negativi prodotti nella storia dei popoli, che ci testimonia, da sempre, quanto possano essere dannose le appartenenze e gli integralismi. Ritengo assurdo come abbiamo potuto dimenticare cosa significhi uno spazio pubblico laico, plurale, aconfessionale. Sembra mancarci l'abc, visto che il confessionale ci pare naturale, persino su una cosa che, appunto, si chiama servizio pubblico e viene pagata da tutti. Tutto ciò ci dà il segno di quanto siamo tornati indietro. E non si tratta di fare una battaglia anticlericale no, si tratta semplicemente di rivendicare un pluralismo essenziale, specialmente in ciò che è pubblico.