52. Fase due: ritorno a scuola in sicurezza? 

06.05.2020

L´11 maggio prossimo le scuole tedesche cominceranno a riaprire. Si inizia dalle scuole che devono sostenere gli esani, ma in alcuni Land potrebbero riaprire anche gli asili nido e le scuole dell'infanzia, mentre la settimana successiva, al netto di eventuali picchi di R0, potrebbero riaprire le altre scuole. Sulla riapertura delle scuole i paesi europei si stanno muovendo in ordine sparso. In Francia riapriranno parzialmente l'11 maggio. In Danimarca hanno ripreso due settimane fa, ma secondo alcuni analisti la decisione ha contribuito ad aumentare il numero di riproduzione di base (R0) - cioè il numero medio di nuovi contagi che genera una persona infetta - che nel giro di una settimana è passato da 0,6 a 0,9.

In Italia rimarranno chiuse fino a settembre. La Ministra Azzolina ha lodato in occasione del Primo Maggio il lavoro del personale scolastico che, utilizzando al meglio le potenzialità della tecnologia, hanno portato avanti piani e programmi scolastici, senza lasciare gli studenti allo sbando e cercando di portare avanti il programma scolastico. Ma adesso che la crisi sta scemando e si comincia a ragionare su riaperture e mantenimento del distanziamento sociale, come si possono conciliare sicurezza ed insegnamento? Alla domanda la Ministra Azzolina ha cosí risposto: "per l'autunno stiamo pensando a uno scenario. Nelle classi pollaio è difficile mantenere la distanza, io insieme a tutto lo staff lavoreremo a pensare a tutti gli scenari possibili."

Trovare una soluzione per la riapertura di 40mila edifici scolastici significa per forza di cose dover pensare anche alle implicazioni per i trasporti, la viabilità, il lavoro. Da qui la necessità sottolineata in un documento stilato dal Politecnico di Torino, di un Protocollo nazionale anche per l'istruzione come avvenuto per le attività imprenditoriali. Come riporta "Il sole ventiquattr'ore", centrale è il distanziamento tra gli alunni e dunque tra i banchi. Che andrebbero posizionati "a scacchiera", alternando posti pieni e posti vuoti. E dimezzando se possibile i presenti in ogni aula. A questo proposito il Politecnico suggerisce di non superare i 10 alunni nella scuola dell'infanzia e i 15 alle elementari, alle medie e alle superiori dove spesso si sfiorano i 30 ragazzi per classe. Il suggerimento per le aree comuni invece è quello di separare i flussi di ingresso e di uscita e di inserire dei divisori di plexiglass nelle aree di ricevimento del pubblico o nelle mese. Fermo restando che per i pasti si potrebbe pensare anche di farli consumare tra i banchi erogando il servizio di refezione con i lunch box.

Ma come riassume bene un articolo di Alvaro Belardinelli, il problema delle "classi pollaio" non è un dato di natura, ma è il frutto di 30 anni di politiche scolastiche bipartisan a senso unico: quello neoliberistico della riduzione della spesa pubblica. I finanziamenti sono diminuiti soprattutto nei settori istituzionali volti a garantire i diritti costituzionali delle persone; ovvero Sanità e Istruzione. Alla Scuola, cioè al diritto dei cittadini all'istruzione, lo Stato italiano riserva le briciole. I finanziamenti, se sciorinati come dato assoluto, possono anche sembrare alti. Ma il dato assoluto va considerato in relazione al PIL, e confrontando la percentuale di PIL destinata dall'Italia alla Scuola con la percentuale che alla Scuola destinano gli altri Paesi avanzati: 3,8% del PIL in Italia, mentre la media dei Paesi dell'Unione Europea è del 4,6%. Danimarca e Svezia, molto meno industrializzate di noi, sono intorno al 7% del PIL. La Francia è al 5,4%. Siamo quint'ultimi in Europa. Ultimi, poi, se rapportiamo la spesa per l'istruzione alla spesa pubblica totale. Eppure, dopo Germania e (forse) Francia, siamo (almeno) la terza economia della UE (e l'ottava del pianeta).

La scuola italiana è malata; lo era prima del Covid 19 e la sua malattia pervade la società e proviene allo stesso tempo dalla società stessa; senza una adeguata scuola un paese è destinato prima al declino, poi al disastro: l'istruzione è la linfa vitale di una nazione. E la nostra nazione sta dimostrando in questa situazione cosí difficile tutta la sua debolezza sul versante della istruzione. Il proliferare di complottismi, la diffusione senza senso critico delle Fake news dimostrano la povertà intellettuale (non intellettiva) degli Italiani. E la situazione che si prospetta per la nostra scuola è una debacle che, se non scongiurata, può essere devastante per l'Italia. E il perché lo spiega benissimo Corrado Griffa (manager bancario ed industriale (CFO, CEO), consulente aziendale in Italia e all'estero, giornalista pubblicista) nel gennaio 2019: In termini "forti", la scuola si ritrova a sfornare troppi asini definiti cavalli, ma essi restano asini nonostante gli orpelli di chiamare "buona scuola" una "cattiva scuola". Molti, troppi studenti non sanno più "sudare sui libri": tanto c'è lo smartphone; ma come dice un vecchio adagio, "garbage in, garbage out": non basta l'informazione, perché l'informazione è inutile se non viene elaborata, compresa, "metabolizzata".

Sono tanti gli articoli e i blog che negli anni hanno dimostrato negli anni i mali della scuola. Adesso che i nodi stanno venendo al pettine è il momento di investire di nuovo in una istruzione che sia non solo di quantità ma soprattutto di qualità. Anche se purtroppo la classe politica attuale, indifferentemente dall'appartenenza partitica, sembrano abbiano poco interesse a risolvere davvero il problema investendo nella formazione dei suoi cittadini. Alcuni addirittura, sulla ignoranza di massa e sull'analfabetismo funzionale (di ritorno e non) ci hanno costruito consenso e voti. Ma non possiamo piú continuare a voltarci dall'altra parte e la didattica a distanza, pur nei suoi limiti, ci ha mostrato che c'è ancora tanta voglia di insegnare ed apprendere. E che forse non tutto è ancora perduto, se riusciamo a ripartire approfittando della crisi che stiamo vivendo.

Non si può che sperare in una politica che sarà capace di riprendere il proprio ruolo di progettare il futuro, cosa che naturalmente e automaticamente passa innanzitutto per un ripensamento dell'intero sistema dell'educazione.