en-18. L´amara lezione di COVID19
"La Terra dopo l'uomo" (Life After People) è un programma televisivo trasmesso sull'emittente televisiva History Channel e su Focus. È un documentario che ci fa vedere quello che accadrebbe sulla Terra se l'umanità dovesse scomparire. Ispirato da una rivista anglosassone dedicata proprio a questo argomento e, secondariamente, dal saggio "Il mondo senza di noi", è basato su risultati documentati dell'abbandono improvviso di un'area geografica da parte dei suoi abitanti, e sulle conseguenze della cessata manutenzione di edifici ed infrastrutture urbane. Tramite l'uso di ricostruzioni digitali e commenti degli esperti, i realizzatori della serie tentano quindi di immaginare cosa ne sarebbe della Terra se, improvvisamente, gli esseri umani dovessero scomparire. La linea di tempo degli eventi previsti comincia approssimativamente un giorno dopo la scomparsa dell'umanità e si estende fino a cento milioni di anni nel futuro (un giorno, una settimana, un anno, 10 anni, 50 anni, 100 anni, 1000 anni, ecc.).
Ho trovato molto interessante questa serie sin da quando l´ho vista la prima volta quasi dieci anni fa e consiglio vivamente a chi non l´abbia ancora fatto di vederla (potete trovare gli episodi qui) perché è secondo me chiarificatrice di un concetto che spesso noi esseri umani, nella nostra grande presunzione, diamo per scontato: non siamo e mai saremo i padroni assoluti della natura. La tradizionale visione antropocentrica proposta finora dalla Chiesa e desunta dalla Genesi, il racconto biblico della creazione (tratta a sua volta dagli antichi miti assiro - babilonesi), è passata per osmosi nella cultura occidentale e capitalistica che vede nella natura e nel pianeta non una casa in cui vivere ma una miniera infinita di risorse da usare in una spirale di morte e devastazione, ben rappresentata dal video di Steve Cutts "Man". Tutto questo non è non solo piú concepibile ma soprattutto sostenibile e ne va della nostra stessa salvezza fermarci e ragionare su quello che abbiamo fatto e continuiamo a fare al nostro pianeta, alla nostra casa.
Come ho già detto in un precedente blog, l'umanità si trova davanti ad un bivio e deve scegliere tra unione (e sopravvivenza) o nazionalismi (e autodistruzione). Sia perché le sfide del futuro sono tante ed impegnative, sia perché adesso che per così dire, siamo diventati rumorosi nello spazio e continuiamo a mandare onde radio per l'universo, non è improbabile che qualcuno venga a visitarci e, come diceva Stephen Hawking, non necessariamente con buone intenzioni. La sfida piú impegnativa che dovremo affrontare è legata sicuramente ai cambiamenti climatici, di cui Greta Thunberg e il movimento Friday for future si fanno promotori. L'argomento è passato in secondo piano, direbbe qualcuno giustamente, a causa della crisi del Corona Virus, ma non per questi gli effetti dell'inquinamento e dei danno causati all'ambiente si sono magicamente risolti. Assistiamo ad un inverno ritardato in alcune zone, con nevicate anche in bassa quota su una vegetazione già pronta a sbocciare, dopo aver assistito alla totale assenza di precipitazioni nei mesi di gennaio e febbraio e la presenza di temperature più alte rispetto alla media stagionale, che hanno portato al peggioramento delle portate idrologiche dei corsi d'acqua.
Ormai solo i ciechi, gli indolenti, gli ignavi e i capitani d'affari senza scrupoli non si rendono conto che la situazione sta degenerando inesorabilmente e che abbiamo davvero poco tempo per ripensare l'economia e convertirla in chiave ecologica ed eco sostenibile. E questo potrebbe essere un ottimo momento per cominciare a cambiare le nostre abitudini di consumo, stile di vita e priorità. Per decenni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, utilizzando ingenti risorse senza renderci conto che stavamo andando verso un baratro. L'eccessiva popolazione mondiale (cresciuta da 1 miliardo nel 1804 a 7 miliardi nel 2011) è troppo grande da sostenere con i ritmi di consumo occidentali. Le cause del cambiamento climatico sono le eccessive emissioni antropiche di gas serra. Tra combustibili fossili, impianti di energia elettrica e riscaldamento, allevamenti, industria e trasporti, è facile intuire che l'impatto delle attività umane e gli effetti della sovrappopolazione, anche qui, la fanno da padrone. L'aumento sconsiderato nel consumo di risorse limitate, e l'insostenibilità dei sistemi di produzione, trasformazione e distribuzione di beni ed energia, concorrono oggi a causare una crisi climatica ed ecologica globale. Alla crescita delle emissioni di CO2 si somma poi l'alterata capacità di assorbimento dei suoi serbatoi naturali, come risultato della deforestazione, e dell'acidificazione e saturazione di mari e oceani. Entro la fine del secolo il cambiamento climatico potrebbe costituire una delle principali cause della perdita di biodiversità. La modifica degli habitat e l'alterazione del ciclo dei nutrienti, sia per mano diretta dell'uomo sia per effetto del riscaldamento globale, mettono già a dura prova i delicati equilibri dei nostri ecosistemi e la sicurezza delle nostre risorse. Se per di piú si considera che l'ONU prevede che la popolazione mondiale continuerà a crescere (le stime prevedono una popolazione totale di 8 miliardi entro la metà del 2025, e 10 miliardi entro il 2083 circa), basta poco per comprendere che stiamo andando in contro ad una bomba ad orologeria che riguarda tutti, nessuno escluso.
Questa quarantena ci sta mettendo tutti alla prova, ma dovremmo cominciare accettare il fatto che niente sarà piú come prima, e che ciò che sarà dopo dipende da noi e dalle nostre scelte di oggi. Ci sono equilibri politici, economici e finanziari che stanno per cambiare per sempre e dobbiamo prenderne atto. Allora visto che siamo in una sorta di fermo biologico, perché non cominciare a capire cosa possiamo e cosa non possiamo fare per cambiare il mondo? Le soluzioni individuali oggi più 'gettonate' per limitare le emissioni e proteggere l'ambiente sono la riduzione nell'uso della plastica, la messa al bando di quella monouso, e l'uso della borraccia. Ma non basta. Maggior impegno andrebbe dedicato ad esempio alle nostre abitudini di spostamento, limitando l'impiego dell'auto, prediligendo bicicletta e treno, e promuovendo lo smart working. Un importante contributo per limitare le emissioni viene anche dalla nostra dieta, e quindi dalla riduzione degli sprechi di cibo e del consumo di cibi industriali e carni. L'allevamento, ad esempio, contribuisce da solo ben al 14.5% delle attuali emissioni, e può generare notevoli impatti in termini di deforestazione. Ridurre le nostre emissioni e adottare uno stile di vita più sostenibile rappresentano un contributo splendido ed esatto per proteggere il clima, la biodiversità e la sua capacità di risposta al cambiamento climatico.
Alcuni, soprattutto coloro che non voglio assolutamente sentire parlare di rinunce e che si arrendono ancora prima di iniziare a combattere, dicono che in assenza di una drastica trasformazione dei nostri sistemi produttivi e del tanto atteso taglio netto dei sussidi al fossile, le azioni individuali in questa lotta, per quanto necessarie, non sono sufficienti. Io invece sono convinto che, se un numero sempre piú grande di persone mette in atto strategie quanto piú possibile green, il sistema cambierà di conseguenza. Se per esempio il consumo di carne globale cala drasticamente, anche gli allevamenti intensivi dovranno rivedere la loro produttività e, di conseguenza, anche le emissioni. E l'eventuale esubero di lavoro potrebbe riassorbito in altre attività, magari in coltivazione green o nuovo allevamento sostenibile. Ma la cosa fondamentale è che ognuno faccia il proprio senza aspettare che siano gli altri a fare qualcosa. L'attendismo, il lavarsene le mani, il pressappochismo, le piccole invidie non servono a nulla se non a renderci complici attivi di chi sta distruggendo la nostra casa. Perché è fuori di dubbio che il nostro pianeta è capace di rigenerarsi, se gliene diamo la possibilità. Ogni anno ci dà sostentamento e risorse per poter vivere tutti bene e in armonia con esso. Ma dobbiamo dargli respiro: guardate cosa succede oggi, guardiamo le immagini che ci arrivano da ogni parte del mondo. Dove gli uomini si sono ritirati a causa del Covid19, ecco di nuovo fare capolino gli animali, il cielo diventare di nuovo azzurro e le acque limpide. Possiamo farlo, possiamo diventare custodi e non padroni della Natura. Perché lei è piú forte, ce lo sta dimostrando mandandoci questo Virus, letale sì ma non come altri, come una sorta di monito. Ascoltiamolo prima che sia lei a costringerci a farlo.
È un lungo lavoro che va fatto e al piú presto. Una sfida che dobbiamo affrontare come umanità, ecco perché, oggi piú che mai bisogna lottare contro le generalizzazioni, contro governi ottusi ed incapaci di andare oltre il proprio naso, di unirsi tutti i popoli in un unico e forte grido contro chi sta lentamente ed inesorabilmente uccidendo il nostro pianeta e noi con loro. Non sarà facile, ma ne varrà la pena.