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en-Diritti delle donne, Diritti di tutti
Nonostante il corona virus e il panico spesso ingiustificato dei media, anche quest'anno celebriamo le donne nel giorno dell´8 marzo. La giornata internazionale della donna, va ricordato, venne istituita per ricordare sia le conquiste sociali e politiche, sia le discriminazioni e le violenze a cui le donne sono state (e di cui sono ancora) soggette. La rivendicazione per le donne dei diritti civili, della condizione economica femminile e dei diritti politici (suffragio femminile) nonché un miglioramento della condizione femminile costituiscono la base del femminismo a partire dal XIX secolo attraverso al prima ondata femminista e sviluppatasi del corso del XX secolo.
In alcuni paesi questi diritti sono istituzionalizzati o supportati dalla legge, dall'abitudine locale e dal comportamento, mentre in altri vengono ignorati e soppressi. L'Italia è tra questi paesi "illuminati", che hanno nel tempo alleviato la condizione di inferiorità della donna cercando di raggiungere una parità di stile di vita. Va bene rivedere i punti di questa lenta marcia, ancora in corso, e che una parte politica sempre più ampia vorrebbe cancellare.
Il libro "Le leggi delle donne che hanno cambiato l'Italia" ci ricorda quanti progressi sono stati fatti e quanto ancora resta fa dare. È curato dalla fondazione Nilde Iotti e contiene tutte le norme che hanno contribuito a cambiare la situazione femminile nel nostro paese, per motivi diversi ancora tradizionale e maschilista. Tra le norme e le leggi varate negli ultimi 70 anni, vale la pena ricordare le più importanti.
- 1945, Il diritto di voto
- 1963, Divieto di licenziamento causa matrimonio o maternità;
- 1963, Accesso delle donne alle professioni pubbliche;
- 1970, Legge sul divorzio;
- 1975, Riforma del diritto di famiglia;
- 1978, Aborto;
- 1981, Abolizione del delitto d'onore e del matrimonio riparatore;
- 1981, Ammissione delle donne nella Polizia di Stato;
- 1999, Ammissione delle donne nelle Forze Armate;
- 2009, legge sullo Stalking;
- 2010, Pari opportunità nel mondo del lavoro;
- 2011, Quote rosa nei consigli di amministrazione;
- 2013, Legge contro la violenza sulle donne.
Oggi assistiamo ad una sorta di inversione a U sui diritti di una certa parte della politica italiana e mondiale. Gli scandali, le divisioni, la paura, la recessione e la crisi energetico - climatica stanno portando alcune parti politiche e sociali a pensare che i problemi della nostra società nascano non dalla corsa al profitto ad ogni costo ma bensì dalla snaturalizzazione dei ruoli uomo - donna e che quindi certe conquiste di civiltà siano da rivedere. Un certo maschilismo, mai realmente finito in paesi come il nostro, permea le istituzioni, fino ad arrivare alla discussione di leggi liberticide e pericolose non solo per le donne ma per tutta la nostra società.
Sembra impossibile che certe conquiste civili che sembrano ormai consolidate siano messe in discussione, ma è già successo nella storia, anche in quella recente. Ricordiamo la storia di Ipazia, definita dal teosofo Augusto Agabiti una «martire della libertà di pensiero», uccisa dai cristiani nei primi secoli dopo cristo perché donna indipendente e colta. Pensiamo alle donne romane che godevano di diritti poi impensabili nel nostro occidente fino ai primi anni del Novecento. Pensiamo ancora all'Iran prima della rivoluzione di Khomeini o alla Turchia prima di Erdogan. I diritti conquistati non sono mai eterni, bisogna difenderli con i denti e con i pugni da chi vorrebbe sprofondarci in un nuovo e crudele medioevo culturale.
Attenzione però non serve essere maschi per essere maschilisti. Il maschilismo prevede la superiorità del maschio sulla donna, a differenza del femminismo che invece vuole la parità dei sessi. Quindi se una donna fa un commento sessista contro una donna, sminuendola, è di per sé anche maschilista. Ci sono donne antifemministe, che giudicano le altre come e peggio degli uomini. Lo fanno per mantenere la loro identità di genere, per l'occhio sociale, per sentirsi accettate dai loro uomini. Lo fanno per una specie di "sindrome di Stoccolma" o per rispettare i criteri di femminilità imposti dall'uomo e che sono talmente radicati che è difficile rendersene conto. Stare dalla parte del privilegiato ti fa avere dei piccoli privilegi in più rispetto a chi invece lo contrasta, anche se minori di quelli che lui ha in quanto uomo e sempre in maniera prevalentemente parassitaria. Ma bisogna comprendere che così non ci si evolve, si resta semplicemente radicato in una convinzione ancestrale, creata a tavolino da secoli di una morale distorta e ormai non più valida.
Essere femministi oggi deve essere una priorità di tutti, non solo delle donne. Non dimentichiamoci che, se al giorno d'oggi alcune società sono migliorate in termini di uguaglianza, è grazie alle azioni del movimento femminista. La presenza delle donne nella politica e nella società ha contribuito allo svecchiamento della cultura e a contrastare il maschilismo ed il machismo portata avanti per secoli. Bisogna accettare che gli uomini e le donne debbano godere degli stessi diritti significa accettare che l'essere donna non sarà un fattore di rischio per subire oppressione e violenza, elementi che l'uomo non patirà mai per il mero fatto di essere uomo. Significa accettare che l'era delle caverne in cui la forza bruta era il fattore più importante per sopravvivere è finita. Significa accettare che, siccome siamo esseri razionali, non esiste nessuna ragione valida per cui una donna dovrebbe essere violentata o aggredita semplicemente a causa del cosiddetto "istinto". Significa accettare la conciliazione familiare tra uomo e donna, dato che non esiste nessun gene che giustifichi una maggiore quantità di lavoro spettante alle donne.
Buon 8 marzo a tutte le donne.
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