46. Cosa succede in città? 

30.04.2020

Molti amici mi hanno contattato per avere chiarimenti sulle informazioni contrastanti che arrivano dalla Germania, dove è partita la fase due. La scorsa settimana hanno riaperto i negozi con una superficie superiore agli 800 mq e questo lunedì è stata la volta delle scuole, nelle classi in cui si dovranno sostenere gli esami. Per il resto, il Lockdown continua, c'è l'obbligo di indossare la mascherina sui mezzi pubblici e nei negozi (che le forniscono a chi ne è sprovvisto) e vige ancora il divieto di assembramento o di circolare in gruppi superiori alle tre persone. In Germania si è optato per una linea piú morbida rispetto all'Italia, confidando molto nel rinomato buonsenso dei cittadini, che si sono tutto sommato attenuti alle regole, anche se sacche di resistenza, come è normale, ci sono state. 

Grazie all'applicazione delle regole e di protocolli di sicurezza ben studiati (che prevedevano per esempio la visita domiciliare alle persone che presentavano dei sintomi e quindi in molti casi curati all'immediata insorgenza della malattia), hanno tenuto bassa la mortalità ed il tasso di contagio che, quindici giorni fa, si attestava in un range di Ro 0,7. Un dato questo che ha fatto decidere alla Cancelliera Merkel, dopo aver consultato il suo staff scientifico, di cominciare ad operare una graduale e costante riapertura delle attività, tenendo sotto controllo costante la curva dei contagi. Curva che è successivamente salita a Ro 1 per poi stabilizzarsi, secondo gli ultimi dati a Ro 0,9. Ma cosa vuol dire questo?

Per capirlo bisogna leggere i dai dati forniti dalle fonti ufficiali. Ro indica il "numero di riproduzione di base" che rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente. Questo parametro misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva. In altre parole se l'Ro di una malattia infettiva è circa 2, significa che in media un singolo malato infetterà due persone. Quanto maggiore è il valore di Ro e tanto più elevato è il rischio di diffusione dell'epidemia. Se invece il valore di Ro é inferiore ad 1 ciò significa che l'epidemia é contenuta. 

I dati del Robert Koch Institute dicono che in Germania, all'inizio di marzo, l'Ro era pari a 3. Dopodiché, è diminuito: si è stabilizzato intorno a 1 dal 22 marzo, è leggermente aumentato dal 3 aprile e il 4 aprile era pari a 1,2. Dal 7 al 14 aprile aveva un valore stimato che andava da un massimo di 1,3 a un minimo di 1. Il 15 era 0,9, il 16 e 17 era 0,7, il 18 e 19 0,8 e dal 20 al 26 aprile era 0,9. Il 27 era tornato a 1 il 28 aprile era 0,9. Una oscillazione che, secondo tutti gli esperti (e anche il buon senso) è normale: se si passa da una situazione di limitazione dei movimenti e delle attività ad una parziale riapertura, è piuttosto plausibile che ci sia una leggera flessione nei contagi. E se questo non vuol dire sicuramente un "tana libera tutti", non deve neanche destare eccessive preoccupazioni nella popolazione. 

In Italia questa notizia è stata però spesso diffusa in modo incompleta e confusa, parziale direi. Come dicono gli esperti del Robert Koch Institute, prendere in considerazione il solo numero di riproduzione di base non è sufficiente a descrivere la situazione reale, ma va tenuto conto anche di altri parametri. In statistica, quando si stima un parametro, la semplice individuazione di un singolo valore è spesso non sufficiente. È opportuno allora accompagnare la stima con un intervallo di valori plausibili, che viene definito intervallo di confidenza (o intervallo di fiducia). Cosa di cui non si è tenuto conto in Italia, dove per esempio il ministro della Salute Roberto Speranza, invitando alla prudenza sulle riaperture, ha detto che la Germania ha «segnalato che Ro che era 0,7 è risalito a 1».  Senza però tenere conto, spiegano gli esperti, che il dato era stato riportato per soli due giorni, a metà aprile, con un intervallo di confidenza del 95% tra 0,6 e 0,8; lo 0,9 del 28 aprile aveva a sua volta un intervallo di confidenza tra 0,7 e 1. 

Il virologo Jonas Schmidt-Chanasit, del Bernhard-Nocht-Institut für Tropenmedizin di Amburgo, ha spiegato che l'Ro «non si dovrebbe sopravvalutare» e che va tenuto presente il «quadro generale, cioè il numero di persone gravemente ammalate e la capacità degli ospedali e delle terapie intensive», dati che attualmente in Germania sono piuttosto rassicuranti. Il numero di riproduzione di base è una figura chiave, ma «ci sono molte variabili che hanno un ruolo nella sua stima e che si esprimono proprio nel suo intervallo di fluttuazione. A questo proposito: 0,9, 1,0 o 0,8 rientrano nell'intervallo della fluttuazione».

La cancelliera Angela Merkel aveva detto che anche un piccolo aumento dell'Ro sopra l'1 sarebbe stato un segnale di allarme. Ciò che conta davvero, ha però spiegato Schmidt-Chanasit, «non è un valore una tantum di 1,1» ma se quella cifra venisse confermata in modo consecutivo anche nei giorni successivi. «È la tendenza a lungo termine che conta davvero». E ancora: «Non ci sono stati cambiamenti drammatici per ora. Come ho detto: non dovremmo guardare solo al singolo giorno, ma alla tendenza, al riepilogo dei diversi valori su diversi giorni e se ci sarà un'inversione in termini di nuove infezioni, di numero di riproduzione di base o di carico sulle unità di terapia intensiva sarà necessario pensare se consentire un ulteriore allentamento o se annullare determinate misure».

Abbiamo tutti voglia di tornare al piú presto alla normalità. Anche a me mancano i miei amici, i miei affetti, la mia vita di prima, posso comprendere le paure, la rabbia per una situazione che sembra ci stia sfuggendo di mano. Stiamo pagando lo scotto di anni di problemi irrisolti, di frustrazioni, ma non è il momento di abbassare la guardia. Se come spiegano gli esperti, già la parziale riapertura ha portato ad un aumento seppur piccolo delle infezioni, immaginiamo cosa vorrebbe poter dire una riapertura massiccia delle attività. Sarebbe catastrofico, ancor piú se pensiamo che l´Italia non ha la stessa disponibilità di terapie intensive di altre nazioni (dato molto importante questo anche per stabilire la soglia di pericolo del Ro).