en-I Mitomani del web (e come contrastarli)

24/02/2022

Sono tempi duri questi per la democrazia e la civiltà: virus letali ci privano delle nostre libertà personali, recrudescenze di ideologie che pensavamo ormai superate tornano a minacciare i diritti civili, il clima impazzito manda in tilt il nostro sistema di vita. Per questo oggi piú che mai abbiamo il bisogno di mantenere la lucidità, di cercare di dirimere quale sia la verità e mantenere saldi i nostri principi, quelli su cui i sopravvissuti alle guerre del XX secolo hanno costruito l'idea moderna di stato e democrazia.

Ora piú che mai quindi è importante per questo imparare a distinguere quelli che sono i fatti accertati dalle fantasie, per difenderci dall'allarmismo, spesso alimentato dalla cattiva informazione e che l'OMS ha definito Infodemia, cioè la diffusione virale di notizie Fake, di bufale e disinformazione. «Il bene non fa storia», soleva ripetere Enzo Biagi, e per sua natura, il titolaccio «Il virus non si ferma» attira assai di più di «La situazione è buona». Ma se è chiaro che ci siano interessi economici, plausibili ma non giustificabili, dietro la diffusione del panico da parte di giornali e siti specializzati, (che, lo ricordiamo, puntano ad aumentare il loro guadagno facendo profitti dalla pubblicità sfruttando i meccanismi del cosiddetto pay for click) cosa spinge una persona comune a contribuire al contagio?

Le teorie del complotto hanno origini antiche: idee antisemite basate su ignoranza e superstizione sono documentate, per esempio, già nell'Antica Roma. Un'analisi delle lettere pubblicate sul New York Times tra il 1897 e il 2010 per esempio dimostra che, fatta eccezione di un paio di picchi durante la depressione economica globale di fine Ottocento, e di un'ondata di paura del Comunismo attorno al 1950, le teorie complottiste non sono aumentate. Da sempre le riteniamo interessanti, da sempre ne siamo attratti. Allo stesso tempo, studi scientifici dimostrano che queste idee vengono adottate più facilmente da chi ha bisogni psicologici non soddisfatti: rispondono al desiderio di inclusione e di appartenenza a un gruppo che tutti avvertiamo, e risultano particolarmente allettanti per chi non riesce ad ottemperare a queste necessità attraverso le relazioni sociali. È su questo tipo di utente, che Internet ha l'impatto maggiore. Condividiamo tutti notizie per sentirci parte di un gruppo, per rafforzarci nelle nostre opinioni, ma i seminatori di panico lo fanno noncuranti che esse siano vere o meno. Il sentirsi parte di una élite è piú forte in alcuni della paura, talmente forte da fargli ignorare che la verità è ben piú variegata e composta di quanto pensino, fino ad abbandonare ogni senso critico in favore della verità del gruppo a fanno riferimento. E il fatto di condividere ovunque la loro verità, li fa sentire grandi, importanti, parti del gioco e non solo semplici numeri. Barricati nella bolla dei filtri,  gli algoritmi di Facebook, Google e altre piattaforme che ricordano le nostre scelte passate e selezionano le notizie da proporci in base ai nostri gusti. Il risultato è che è facile per tutti credere che il resto del mondo la pensi come noi, e vivere in un contesto ovattato in cui trovano posto solo opinioni simili alla nostra.

Per limitare i danni del caos in rete e della diffusione di notizie false, più di regole, algoritmi e fact-checking, molto può fare la cultura. Una sorta di alfabetizzazione mediatica che renda i cittadini vigili, attenti e consapevoli. Perché alla fine è sempre il cittadino che deve comprendere la notizia, valutarla, scegliere se credere oppure no. Ecco perché, per cercare di dare un freno alla diffusione di bufale sul web, diversi specialisti, scienziati ed esperti hanno creato contenuti on line che per fortuna raggiungono decine di migliaia di persone e portando anche su YouTube la grande divulgazione sulla scia della famiglia Angela. Sulla questione Coronavirus (ma non solo), vi invito a seguire Massimo Polidoro (fondatore e segretario del CICAP), Dario Bressanini (chimico, divulgatore scientifico e saggista italiano) e Barbascura (un ricercatore chimico, divulgatore scientifico, youtuber, scrittore). Insomma, il sistema internet sta (da diverso tempo ormai) sviluppando i propri anticorpi, il che è auspicabile per continuare ad usare questo mezzo molto utile di informazione.

Come fa notare Riccardo Vessa (conosciuto online come "Wesa", laureato in Scienze della Comunicazione e in Scienze Filosofiche all'Università di Bologna) in un suo video, come umanità abbiamo una grande opportunità evolutiva in questo momento, quelli di poterci fermare e ragionare sui nostri limiti (o presunti tali), di comprendere dopo anni di lento ed inesorabile alienamento e isolamento che in realtá non siamo solo, ma facciamo parte di un gruppo o specie che, tuto insieme, lotta per difendere il senso che si è dato, attraverso la scienza e lo spirito di sopravvivenza. È un concetto che dovremmo comprendere tutti, che ci aiuta ad allontanarci dalla paura e dal senso di nulla e precarietà che questa situazione ci sta imponendo. Come razza umana abbiamo di fronte una grande sfida, forse preparatoria a quella piú ardua dei cambiamenti climatici, ma se siamo abbastanza forti ed uniti da affrontare la paura e l'incertezza, illuminati dalla ragione, se riusciamo a non affidarci a chi ci offre facili soluzioni e utopiche promesse di sicurezza, potremo evolvere ad un successivo grado di consapevolezza. 

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Giuro che non capisco il genere umano. O forse non l'ho mai capito, e solo adesso mi rendo conto di appartenere ad una razza composta per lo piú di scimmie urlanti, imbecilli e autolesioniste.