Domani si aprirà a Torino la 32 esima edizione del
Salone del libro, cinque giorni presso il Lingotto fiere in cui si susseguiranno
incontri, conferenze, presentazioni, dialoghi e dibattiti su tanti temi
letterali ma anche sociali. Uno degli eventi culturali piú attesi e rinomati
del panorama letterario italiano, uno di quelli in cui qualsiasi scrittore
sogna di essere almeno una volta nella vita (e
quest'anno anche io sarò infatti presente con i miei libri, ma questa è un'altra
storia). Il tema di quest'anno sarà "il gioco del mondo", illustrato da un
manifesto di MP5, un'artista italiana nota per lo stile incisivo e l'uso del
bianco e nero. L´ immagine vuole rappresentare là apertura intrinseca della
cultura, che supera ed abbatte muri perché non conosce confini.
La cultura è da sempre al centro del Salone,
declinata in tutte le sue forme, nello spirito della libertà costituzionale di espressione.
Ideale che quest'anno secondo molti è stato allargato un po' troppo. È di
questi giorni infatti la polemica esplosa tra una parte del mondo culturale
italiano e l'organizzazione del Salone per l'ammissione tra gli espositori della
casa editrice Altaforte, vicino a CasaPound e il cui editore si dichiara
apertamente e orgogliosamente fascista. Polemiche che hanno di fatto spaccato il
mondo letterario in due fazioni: chi diserterà l'evento perché rifiuta di
dividere lo spazio con un gruppo dichiaratamente fascista e chi invece sostiene
che non bisogna mai indietreggiare e lasciare sguarnito il campo di battaglia.
Ma facciamo un paso indietro. Fino a pochi giorni fa
in pochi conoscevano la CE Altaforte, etichetta tipografica ispirata ad un
verso di Pound e che è animata da un militante di CasaPound. Questa casa
editrice ha pubblicato solo nove volumi, tra cui il famoso libro intervista al
leader della Lega "Io sono Matteo Salvini", il titolo che ha acceso la polemica
e che, secondo molti senza questa campagna di boicottaggio sarebbe finito nel
dimenticatoio in poche ore. Tanto per cominciare, lo scrittore Christian Raimo
si è dimesso da consulente del Salone travolto dalle polemiche sul suo post in
cui, oltre a denunciare un pericoloso avvicinamento di pezzi del governo a
posizioni di estrema destra e una lista di giornalisti che starebbero aiutando
a sdoganare certe idee raziali, attaccava la presenza della Casa Editrice Altaforte
e del libro di Salvini.
In seguito, il collettivo di giornalisti Wu Ming ("mai
gomito a gomito con i neofascisti: Altaforte è di fatto la Casa Editrice di
CasaPound") e lo storico e saggista Carlo Ginzburg, che ha preso una posizione netta
sull'opportunità di partecipare al Salone "per una scelta politica, che non ha
nulla a che fare con la sfera della legalità". Infine, Zerocalcare, fumettista
di Rebibbia, che ha dato forfait: "mi è davvero impossibile" ha scritto su
Twitter "pensare di rimanere tre giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi
ha accoltellato i miei fratelli".