en-57. Il sorriso di Silvia tra solidarietà e sproloqui 

17/02/2022

In una nazione in cui un "giornale" come Libero titola "Hanno liberato un´islamica" e un "Giornalista" come Sallustri in un tweet dice che per lui vederla tornare vestita con i classici indumenti somali sia "stato come vedere tornare dei prigionieri dei campi di concentramento orgogliosamente vestiti da nazista", questo modo di riportare una notizia positiva come la liberazione di Silvia Romano ed il suo rientro in Italia, danno un quadro davvero interessante su come una certa parte dell´Italia consideri certe questioni. Sulla giovane, già ai tempi del suo sequestro, si sono dette le peggio porcherie possibili e le sono state buttate addosso vagonate di fango da chi doveva non solo riportare la notizia in modo fedele ma, soprattutto, da una parte dell´Italia vecchia, retrograda, incapace di empatia, sempre pronta a dare addosso ai giovani, a chi si prodiga per altri che non siano italiani e che, soprattutto, dimostrano di avere forza di spirito, indipendenza e umanità da vendere.

Innanzitutto, i fatti. Silvia è una ragazza che, poco piú che ventenne, sarebbe potuta benissimo restare a casa a "fare la giovane", a viversi la sua vita, a cazzeggiare con gli amici, a pomiciare con il fidanzato e invece no, è partita per dare sostegno ed aiuto a persone che per lei erano perfetti sconosciuti. Collaborava come volontaria per una piccola organizzazione, l'associazione Africa Milele Onlus, che ha come suo principale progetto quello di costruire una casa orfanotrofio in grado di ospitare 24 bambini orfani di entrambi i genitori in Kenya. Qualcosa di semplice e modesto ma che potesse diventare il loro angolo di felicità.

Silvia è stata rapita nella notte tra il 20 e il 21 novembre 2018. Come riporta l´AGI, si era laureata pochi mesi prima del sequestro, nel febbraio 2018, in una scuola per mediatori linguistici per la sicurezza e la difesa sociale con una tesi sulla tratta di esseri umani. Ma la sua passione è anche il fitness: aveva iniziato a lavorare nella palestra 'Pro Patria 1883' di Milano per poi passare alla 'Zero Gravity', dove uno dei responsabili la ricorda come una ragazza che "ama i bambini, la ginnastica" ed è "portata ad aiutare la gente".

Comprensibilmente, non ci sono ancora molti dettagli sull'operazione che ha portato alla sua liberazione. Il Post ha fatto una chiara e semplice ricostruzione in base ai dati fino ad ora acquisiti, ma in generale i giornali non hanno notizia di scontri o violenze, e il modo in cui ne scrivono fa pensare che si sia trattato di uno scambio. Il Corriere della Sera dà per certo che l'Italia abbia pagato un riscatto, ma scrive che «non c'è una cifra precisa». E questo unito alla notizia della sua conversione all'Islam (che la stessa ragazza ha spiegato non essere stata imposta ma volontaria), ha fatto esplodere una recrudescenza degli insulti rivolti alla giovane cooperante, come già era accaduto all'epoca del suo rapimento. Le prime notizie, la sua conversione all'Islam, il vestiario che indossava hanno fatto piovere su di lei una shit storm di proporzioni inaccettabili. E questo ancora una volta (e non mi stancherò mai di dirlo), anche a causa dei pessimi commenti rilasciati da "giornali" e "giornalisti" opinabili.

Per prima cosa ci tengo a dire che se la conversione di Silvia è una scelta personale o meno, è una questione che potrà essere discussa nel momento opportuno solo dalla diretta interessata, nel pieno spirito di quella libertà di cui tanto ci riempiamo la bocca e di cui molti, purtroppo abusano. Fare pressioni affinché "ritorni cristiana" o sostenere che sia stata plagiata e costretta alla conversione, dimostrerebbe soltanto che della violenza che ha subito non ci importa un gran che, ma solo di fare diventare una persona un campo dove è da giocare la partita "a quale Dio devi credere perché il mio è più giusto del tuo". E i commenti dei benpensanti che adesso ritengono la ragazza meno "degna" della liberazione perché improvvisamente "diversa" dal loro immaginario, la dicono lunga sulla miseria umana di persone che, di fronte la liberazione di una giovane donna dopo un anno e mezzo di prigionia, non hanno altro su cui discutere se non sul suo abbigliamento e sul prezzo del suo riscatto. Tra l'altro, se si considera la presunta cifra spesa divisa per il numero di abitato in Italia, ne esce fuori che con i soldi tolti agli italiani sarebbero ben meno di altre ruberie e mancette su cui gli stessi benpensanti si guardano bene dal proferire parola.

Secondo, concordo con chi dice che tutta la questione sia stata presentata agli italiani in modo pessimo da alcuni personaggi discutibili sì, ma che in fondo gli stessi italiani si siano facilmente e velocemente adeguati alla storia che gli veniva raccontata. Il fatto che Silvia, una ragazza che poteva benissimo starsene a casa propria, abbia invece deciso di rischiare di piú della maggior parte delle persone (ivi compreso il sottoscritto) incapaci di rinunciare alle proprie piccole e talvolta insulse comodità, ci sbatte in faccia la nostra pochezza di fronte alle enormi difficoltà della vita. Ma mentre io ho stima per queste persone cosí forti da andare in uno sperduto puntino nel nulla del deserto per cercare di fare qualcosa, molti si sentono in dovere di vomitare sugli altri quella disistima che invece provano per sé stesi, cercando non di evolvere e fare qualcosa di diverso, ma piuttosto sminuire gli altri, dipingendole come persone di poco valore. È la solita storia del vedere la pagliuzza nel occhi dell'altro piuttosto che la trave che hanno conficcato nel proprio occhio.

E poi stiamo parlando di una donna libera e determinata, che decide autonomamente della propria vita, che ha scelto di non percorrere la strada sicura e protetta che un uomo qualsiasi può proporle ma di tracciare un suo percorso, senza paura di quanto lontana questo possa portarla. Una donna che ha rifiutato la convenzione cattolica di "essere figlia, madre e moglie" o "regina del focolaio domestico" ma che ha deciso di affrontare la vita e fare qualcosa per cambiare il mondo. E questo è quello che non le perdonano. Non le perdonano il fatto di essere partita, di essere andata ad aiutare "alti" (e spesso durante i primi giorni del suo rapimento, il commento che si sentiva di piú era "perché non restava ad aiutare in Italia"). Non le perdonano di essere stata rapita e neanche di essere sopravvissuta. Alcuni avrebbero preferito che morisse piuttosto che pagare per lei. Non le perdonano infine di essersi convertita ad una religione diversa e quindi minore e retrograda. Senza rendersi conto che se la religione cattolica oggi ci sembra cosí umana e rispettosa non lo dobbiamo ad una sua morbidezza o evoluzione ma al fatto che oggi come oggi viviamo in una democrazia che separa il potere temporale da quello spirituale (ma se tornassero come auspicano certi pseudocristiani i tempi del papato... sai quante guerre che farebbero!).

Ho letto in due giorni tutti i peggiori insulti maschilisti rivolti a Silvia. Un becero e ignobile baccano al posto della gioia di vedere tornare una ragazza, una donna, che ha dovuto subire la violenza psicologica di stare lontano dai suoi cari, e che forse neanche ha ritrovato tutti. Persone che hanno malignato sul presunto piacere, anche e soprattutto sessuale, ricevuto dai suoi "amici africani" (il che tra l'altro fa capire quanta invidia penis ci sia in certi soggetti, ma questo è un altro discorso), proponendo fotomontaggi di Silvia felice tra le braccia dei suoi sequestratori. Peggio ancora, certi commenti sono arrivati da altre donne, che in questi casi diventano piú maschilisti degli uomini stessi, senza neanche rendersi conto (o forse proprio perché inconsciamente lo capiscono) che stanno dando addosso a qualcuno che difende e rafforza i loro diritti e il principio di egualità tra i sessi. E questa sì che è una vera e propria sindrome di Stoccolma.

A questo i benpensanti leoni da tastiera, seduti nelle loro comode case che non hanno mai lasciato negli ultimi due anni, paladini del "aiutiamoli a casa loro" ma da casa propria, vorrei dire che forse pagheranno un giorno tutto questo odio. Ma adesso possiamo solo contrapporre al vostro acido rancore il sorriso di una ragazza che merita piú rispetto di quanto voi, miseri, meschini ed ipocriti omuncoli, sarete mai capaci di ottenere.