32. L’Elefante nella stanza 

16.04.2020

Elefante nella stanza è un'espressione tipica della lingua inglese (Elephant in the room) per indicare una verità che, per quanto ovvia e appariscente, viene ignorata o minimizzata. L'espressione si riferisce cioè ad un problema molto noto ma di cui nessuno vuole discutere, oppure ad un particolare elemento di tale problema. L'idea di base è che un elefante dentro una stanza sarebbe impossibile da ignorare; quindi, se le persone all'interno della stanza fanno finta che questo non sia presente, la ragione è che così facendo sperano di evitare un problema più che palese. Questo atteggiamento è tipicamente adottato in presenza di tabù sociali o di situazioni imbarazzanti.

Die Welt, un noto giornale tedesco, non piú tardi di una settimana fa pubblicava un articolo in cui si diceva che "la mafia è un appuntamento fisso nazionale e sta solo aspettando una nuova pioggia di soldi da Bruxelles" in riferimento alla iniezione di soldi che la BCE immetterà nella UE. E questa frase, letta dai nostri sovranisti come un insulto, è il nostro elefante nella stanza. In fondo Die Welt non ha fatto altro che ribadire cioè che i grillini stessi andavano ripetendo da anni ma che, stranamente, sembra essere uscito dai loro discorsi, almeno per quanto riguarda l'aspetto istituzionale. Eppure, il Ministro Di Maio si è sentito offeso dalle parole del Die Welt, come se fosse una menzogna il fatto che la nostra classe dirigente purtroppo non è impermeabile alle infiltrazioni mafiose. Il 25 febbraio lo stesso Blog delle Stelle aveva dato notizia della maxi operazione contro la Ndrangheta della direzione distrettuale antimafia, ponendo l´accento sul fatto che tra gli arrestati ci fossero, appunto, politici di rilievo anche nazionale.

Giovanni Falcone diceva che la Mafia non è solo una organizzazione ma un modo di vivere. È l'omertà di chi vede e non parla, la paura di chi abbassa la testa e tace. È l'accettare condizioni che ti pongono fuori dalla legge, evadere le tasse, chiedere il "favore" all'amico, il clientelarismo. La Mafia non è solo l'attività criminale che deturpa la terra, che inquina i mari, che spaccia, che muove la prostituzione. E per come la vedo io, sposando in pieno il pensiero di Falcone e Borsellino o prima di loro Leonardo Sciascia (immortale scrittore e, suo malgrado, per sempre legato alla Mafia essendo stato il primo, coraggiosissimo, a parlarne apertamente), l'unico modo per sconfiggerla è quella di separare l'aspetto criminale da quello culturale. L'organizzazione è ben individuata nelle sue complesse articolazioni, nel tempo non è mutata e ha sempre mantenuto i suoi obiettivi criminosi, con una grande capacità di mimetizzarsi nella società. Quando parliamo di mafia ci riferiamo a un'organizzazione criminale che ha per scopo il raggiungimento di fini illeciti attraverso un'attività di intimidazione: questo, comunemente, viene confuso con la mentalità mafiosa.

Il rapporto tra mafia e politica è problema reale, molto grave, soprattutto sottovalutato. La società è portata a dare una lettura inadeguata del rapporto tra mafia e politica. La gravità consiste nel fatto che la mafia, in virtù del rapporto con la politica, in autonomia, pone le regole del gioco. E di questo rapporto si parla poco o niente, non si dipanano le matasse, non si seguono le piste giuste, non si fanno i dovuti collegamenti. A tal proposito Nino Di Matteo, magistrato e membro del Csm ha recentemente dichiarato: "Questo è un mio convincimento: è la politica ad aver ignorato volutamente per tanto tempo le sentenze definitive della magistratura. Per esempio, le conclusioni sancite nel processo celebrato a Palermo nei confronti del sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti e quelle del processo Dell'Utri, condannato per concorso in associazione mafiosa, sono lì. Dovrebbero essere conosciute da tutti. E la politica le ha ignorate". E aggiunge: "Nella sentenza definitiva su Dell'Utri, è stato consacrato un dato: Dell'Utri è stato condannato come intermediario di un lungo rapporto ventennale tra esponenti di spicco di famiglie mafiose palermitane e l'allora imprenditore Silvio Berlusconi ". Questo maledetto elefante nella stanza!

Ma mentre Di Maio e tutto il popolo italiano si indigna per le parole, peraltro giusta, di un giornale straniero, l'elefante nella stanza continua ad ingigantirsi. La mafia, per quanto non se ne parli a livello diffuso, c'è eccome, ed è davvero li appollaiata ad aspettare di poter approfittare della sicura prossima crisi per incamerare pezzi dell'economia ed intaccare anche quella economia sana di cui fanno parte decine e decine di aziende pulite. Come riporta Luca Zorloni in un interessante articolo su Wired, da piú parti associazioni come Libera o SOS Impresa lanciano l´allarme: la politica deve fare qualcosa per impedire quanto piú possibile che la Mafia imponga la sua presenza al tessuto sociale, sostituendosi allo Stato e creando legami cancerogeni per la nostra economia. Ma una politica che non parla di mafia ma che anzi spinge affinché si realizzino politiche di deregulation e deroghe alle norme antimafia e fiscali non sa (o non vuol sapere) che quello che propone è non solo un suicidio economico ma anche sociale.

Non bisogna però dubitare che all'interno della comunità nazionale, in tutte le sue articolazioni, ci siano le risorse per quella ripresa etica e civile, prima ancora che economica, di cui c'è estremo bisogno. Ma queste risorse vanno incoraggiate e protette, lo Stato deve farsi carico di aiutare la lotta alla criminalità, deve introdurre tutte le risorse necessarie affinché il popolo non scelga Barabba, non si venda ai criminali. Lo Stato non deve essere una entità lontana, astratta, irraggiungibile. Soprattutto i cittadini devono potersi sentire sicuri e protetti, le imprese devono poter ripartire attraverso delle politiche che incentivino l'onestà e la trasparenza, che alleggeriscano una fiscalità generale che si trasforma spesso in cappi al collo, un sistema bancario che strozza l'iniziativa, una burocrazia che allontana i giovani dalle nuove potenzialità tecnologiche.

Ma anche noi cittadini dobbiamo fare la nostra parte. Come già detto, la mafia non è solo una organizzazione ma un modo di vivere, di pensare, di vedere la vita. Per quanto possa essere affascinante e facile seguire la via della illegalità, bisogna affrontare quel cammino che ci porta ad una maggiore consapevolezza civile. Questo vuol dire sconfiggere mafia e malaffare? No, probabilmente ci sarà sempre una componente mafiosa in questa eterna lotta tra legalità è delinquenza. Ma credo che questo nostro Paese possa davvero fare molto di piú di quel che fino ad ora ha fatto.

Bisogna ripartire dalla cultura, dalla conoscenza, tirare fuori la testa dalla sabbia e guardare in faccia l'elefante e buttarlo fuori dalla stanza. Bisogna reagire e smetterla di dire che non cambia nulla, che tutto è sempre stato cosí. Non aspettiamo che siano gli altri a cambiare, cambiamo noi. E facciamo in modo che la crisi che si prospetta alle porte diventi l'occasione giusta per dimostrare davvero quale grande popolo siamo.