Il cambiamento fa paura sempre. Eppure, è
necessario oltre che inevitabile. Ci sono coppie che stanno insieme nonostante l'amore
sia finito solo per paura di stare soli, per non distruggere l'equilibrio su
cui contano per farsi dare forma e contenuto. E soffrono nel vivere una vita
che gli va stretta, che odiano, che non amano piú. Vivono vite sacrificate per
non affrontare quel mare che hanno dentro, per non dover ammettere il
fallimento, convinti che l'amore sia un sentimento immutabile, che si possa amare
sempre allo stesso modo, che sia quella la risposta al marasma che sentono. Eppure,
il cambiamento fa parte anche dei sentimenti, che non sono monoliti immobili
nel tempo e nello spazio ma cambiano, come cambiamo noi e la natura che ci
circonda.
Qualsiasi aspetto della nostra vita è un continuo
divenire, anche se cerchiamo di non pensarci. Ci diamo dei nomi, degli aggettivi,
ci appiccichiamo addosso etichette e convenzioni. Avevo una T-shirt a cui ero
molto affezionato. Un giorno in cui sono venuto qui in Sicilia, mia madre l'ha
vista e mi ha chiesto perché portassi ancora in giro quella vecchia maglia
nonostante fosse ormai scolorita e un po' consumata. Io le ho risposto che quella
maglia aveva per me un valore affettivo enorme e mi ricordava un bel periodo della mia vita. Lei mi ha guardato
un po' stranita da quella risposta, non comprendendo il valore affettivo che stato
dando a quell'oggetto. Questo facciamo nella vita: vestiamo un abito e decidiamo
di portarlo per tutta la vita senza chiederci se fosse quello che fa per noi. Lo
facciamo perché diamo a quel vestito mentale non solo un valore affettivo (dopo
tutti questi sacrifici, anni spesi, impegno e dedizione non posso cambiare
lavoro) ma anche perché ci definisce socialmente (sono un barista, un dottore,
uno showman). Se guardo alla mai vita in questo momento è cosí. Sto valutando
da tempo se sia il caso lasciare il mio lavoro, che non mi soddisfa ormai anzi
che mi da stress e non finire, e cercare un'altra azienda a cui prestare i miei
servigi. Ma non mi decido perché ho paura di perdere la mia routine, di
mettermi in gioco, di dover rivedere le mie posizioni in modo determinante.
Paura di non trovarmi bene in un'altra situazione lavorativa, di perdere quei
pochi status che ho per peggiorare la mia disponibilità di tempo libero. Ho
paura ma dovrò farlo e non tanto per cambiare davvero qualcosa ma per poter
mantenere lo status mentale libero della mia esistenza. Non posso fare altro
che arrendermi e guardare oltre a questo, decidere che quel malessere che sento
non posso continuare a sopportarlo. Non posso continuare a stare male, spendere
le mie energie per arginare quel mare che ho dentro e preservare un contenitore
che sta andando in frantumi. Meglio spendere quelle energie per creare,
costruire, crescere.