en-62. Tutti F***i con il c**o degli altri

22/02/2022

Osservare la montagnola di merda che sale sempre piú alta a coprire tutto il copribile oltre a farmi sorridere della miseria di alcune persone, mi fa anche rabbia perché ai miei occhi denota non solo tutti i grossi problemi dei cagatori ad avere una qualche seppur minima forma di pensiero critico e coscienza, ma soprattutto la pochezza intellettuale di chi, teoricamente, dovrebbe essere piú capace degli altri di discernere e quindi in buona sostanza, calmare gli animi dei piú esagitati, e cioè la classe politica e dirigente dell´Italia.

Il discorso politico ormai da anni si è trasformata in una continua e costante bagarre, senza esclusione di colpi e senza alcun rispetto per le cose o le stesse persone. Tutto viene buttato in caciara, ormai le voci ragionevoli e di chi cerca di sedare gli animi e cercare di portare un barlume di ragionevolezza sono messe a tacere dalle urla delle scimmiette ammaestrate che scendono e si infiltrano tra il popolo aizzandolo contro ipotetici poteri forti e a lottare contro una congiura che non c´è. O per meglio dire, la congiura c´è eccome, ma come spesso accade, i congiurati si fanno passare per buoni e martiri incompresi (e solitamente sono bravi attori) e si fingono alleati di quel popolo che invece tradiscono e spremono ad ogni occasione possibile.

Questo, unito al poco senso autocritico degli italiani e la nostra naturale propensione a dare la colpa a fantomatici altri delle nostre disgrazie, fa sì che crediamo al racconto che ci viene fatto e seguiamo il nuovo pifferaio magico. È sempre stato cosí, sin dai tempi piú antichi: il popolo, debitamente aizzato, sceglie sempre Barabba. Non lo fa consapevolmente spesso, lo fa per paura, per ignoranza, per partito preso, per tutelare i propri interessi, per paura di perdere i pochi o tanti privilegi. E lo fa soprattutto perché l'alternativa non gli piace, perché al popolo devi chiedere tutto tranne che fare sacrifici, perché è piú facile urlare contro qualcuno che rimboccarsi le maniche e cercare una soluzione. Perché come ho giá detto piú volte, è piú facile urlare contro l'Europa che vuole assoggettarci piuttosto che fare quelle riforme necessarie che ci consentirebbero di uscire da questa crisi a testa alta. Perché è piú facile prendersela con chi raccoglie i pomodori a tre euro piuttosto che andare a lottare contro il caporalato e le mafie che ci lucrano sopra. Perché è piú facile insultare una ragazza che è andata (torto o ragione) in un posto che neanche sappiamo indicare su una cartina a fare quello che si sentiva piuttosto che ammettere che per cambiare davvero le cose dobbiamo sacrificare parte del nostro falso benessere.

Ormai siamo preda di una rabbia che ci attanaglia. Ci hanno talmente convinto che urlare sia la soluzione a tutto che ormai viviamo arrabbiati perennemente. Non è facile trovare un equilibrio, io stesso talvolta mi sento esplodere dentro quando ascolto o leggo notizie sconcertanti dei disastri che il nostro vivere sta causando all'ambiente e vedere come in pochi se ne rendano veramente conto. Eppure, viviamo sullo stesso pianeta, possibile che non lo vedano anche gli altri, mi chiedo. No, non lo vogliono vedere, perché tanto sarà il problema di qualcun´altro, che vadano a farsi fottere! Tranne poi però cominciare a preoccuparsi quando sentiamo due mani che si avvicinano ai nostri fianchi e qualcosa di duro cominciare a premere da dietro. È facile essere f***i co il c**o degli altri, ma quando tocca a noi? È la mancanza di empatia che mi stupisce sempre nelle persone, il non riuscire a calarsi in certe situazioni e comprendere che forse non c'era altro modo di agire in quel frangente.

L'empatia dovrebbe essere il nostro segno distintivo, il sentimento cardine della nostra esistenza. Capire che di fronte a noi non c'è solo un pezzo di carne e ossa vestito ma un altro essere umano che soffre e si ferisce come noi, che prova dolore e gioia, che ha bisogno spesso solo di un sorriso ed una stretta di mano. E non sono discorsi buonisti, non sono tarallucci e vini ma dovrebbe essere l'ABC del nostro vivere civile. Ma chissà dove si è persa la nostra umanità tra i meandri del web, dove abbiamo perso la via verso una proficua, duratura e sana convivenza. Sono mesi che cerco di capirlo, di comprendere come una società che sembrava progredita ha invece sbracato e deciso di percorrere sentieri pieni di odio e rancore. Non sarebbe il momento di cominciare a guardare a noi e agli altri non come unità separate ma come cellule di uno stesso organismo? Guardate a quella natura che alcuni di voi osannano e chiamano divina senza però soffermarsi a ragionarci sopra. Le cellule del cuore sono diverse da quelle del cervello, eppure collaborano insieme per la sopravvivenza dell'intero organismo. La diversità in natura è ricchezza, mentre per alcuni la diversità va eliminata. A meno che di quella diversità non facciate parte, ovviamente.

L'empatia è stata quasi completamente soppiantata dall'odio. un odio sordo e immotivato, spesso mal rivolto e mar riposto. Un odio che ci offusca e ci impedisce di vedere bene le cose e allora ci affidiamo al leader, seguiamo i suoi diktat e direzioniamo la rabbia come un getto verso un unico obiettivo, che cambia di giorno in giorno. Non abbiamo rispetto di niente e di nessuno, neanche della morte, della sofferenza. E con questo distruggiamo anche la nostra umanità. E il bello è che ormai neanche ce ne rendiamo conto. Questi due mesi di Lockdown dovevano farci diventare migliori, invece ci hanno fatto regredire ancora di piú. E lo capisco, per carità che la rabbia è tanta, che vi sentite abbandonati, ma non è lanciandovi come Don Chisciotte contro i mulini a vento che risolverete il problema, ma direzionando le vostre forze verso i veri responsabili. Fermatevi a ragionare su questo, per esempio.

In Lombardia il coronavirus ha fatto 1.469 morti per milione di abitanti. Nel resto d'Italia 305. Negli Stati Uniti, che non sono certo un bell'esempio, 263. In Germania 95. In Sud Corea 5. In Spagna, uno dei paesi dove le cose sono andate peggio, il virus ha ucciso 562 persone su un milione. In Lombardia quasi tre volte tante. Di tutti i nuovi contagi in Italia, ancora ieri, più della metà sono avvenuti in Lombardia. Qui si è consumato il più osceno disastro dell'amministrazione pubblica che chiunque possa immaginare. Lo dicono i dati, non gli opinionisti. Eppure, nessuno, nessuno degli urlatori da social, è andato sotto casa di Fontana o di Gallera reclamandone le dimissioni, insultandoli, pretendendo che pagassero per i loro errori. Sotto casa di una ragazza di 24 anni, tornata da una prigionia di 18 mesi però si.

Silvia Romano è stata chiamata terrorista, è stata accusata di aver rubato, lei, i soldi che servivano per curare i malati italiani, dimenticando tutte le ruberie perpetrate da chi ora urla allo scandalo. Qualcuno addirittura si è spinto a chiederne l'arresto, qualcuno addirittura l'impiccagione, altri hanno lanciato bottiglie contro le sue finestre, condannandola mille volte secondo accuse inventate: è vestita da terrorista, è incinta, s'è sposata, è complice dei rapitori, è ingrassata, sorride, come si permette? Perché ad alcuni hanno talmente lavato il cervello sul "noi" contro di "voi", che ogni nefandezza che fanno davanti agli occhi quelli del "noi" non le vedono piú. E perché questa narrazione distorta tiene le persone impegnate a cercare nemici nella terra del "voi". E in questa visione del mondo Silvia oggi è "voi" ideale. Pur avendo quindi davanti i responsabili del disastro che ha ucciso famiglie, padri, madri, zii, nonni, mogli, sorelle, fratelli (come dimostrano dati insindacabili, facili da leggere: numeri, semplicissimi, che puntano il dito contro chi ha gestito in modo pessimo questa pandemia), nessuno ha sentito il bisogno di aizzare le folle contro quelle persone.

Capisco tutta la rabbia repressa e giustamente provata per l'ingiustizia di un virus cosí letale, ma è stata direzionata verso una ragazza di 24 anni che finalmente riabbracciava la sua famiglia dopo essere stata sequestrata per un anno e mezzo. Un facile obiettivo, alla portata di tutti, un ottimo parafulmine che gli istigatori, i provocatori, hanno messo a disposizione del popolo in una nuova, macabra riedizione del Panem et Circenses di romana memoria. E non voglio neanche parlare dello schifo letto sotto il tweet del Presidente della Repubblica Mattarella nel suo messaggio di cordoglio per la morte di Ezio Bosso, uomo che per dignità oltre che per arte era sicuramente migliore di buona parte di noi. Anche lì, messaggi qualunquisti, lesivi anche della dignità del Capo dello Stato che rappresenta la Repubblica Italiana e ne garantisce il funzionamento.

Non mi stancherò mai di dire, nella mia piccola dignità di scrittore in erba, che è il momento per tutti di fare un passo indietro e tornare a parlare piú di noi e meno degli altri. Di diventare piú fattivi e meno teorici, di parlare di soluzioni e non di problemi. Perché questo paese e il mondo intero hanno bisogno di persone che amano, che si confrontano, che dialogano e non di muri e di steccati, di divisioni e di intolleranze. Perché è facile fare i f***i con il c**o degli altri, ma quando gli altri non ci sono piú, il prossimo c**o ad essere violato potrebbe essere davvero il nostro.