en-22. Il senso di appartenenza e senso critico

12/01/2022

Non è sufficiente far parte di un gruppo sociale, oppure vivere in un determinato paese per sentirsi appartenenti ad esso. L'appartenenza è un sentimento, è il senso di inclusione e la percezione del proprio valore personale in tale contesto. Ci sentiamo appartenenti quando percepiamo di essere accettati come membri, quando le nostre differenze sono riconosciute e tollerate, quando ci sentiamo connessi con gli altri. L'appartenenza viene considerata un bisogno fondamentale dell'essere umano: se facciamo riferimento infatti alla piramide dei bisogni, questo viene subito dopo i bisogni fisiologici (come di cibo e di sonno) e il bisogno di sicurezza. È pertanto cruciale per il benessere dell'individuo. Il senso di appartenenza ad una comunità o ad un gruppo è il collante che unisce persone con identità diverse, è la tres d'union tra obiettivi e aspirazioni simili. È l'aspirazione ad essere integrati con gli altri pur mantenendo le proprie peculiarità. Sentirsi parte di qualcosa ci fa sentire meno scoordinati, meno vittime se vogliamo del caos, ci fa sentire determinanti e non foglie sballottolate dal vento. Ci da un progetto, un obiettivo e ci fa sentire parte di qualcosa piú ampio e che trascende noi stessi, dandoci uno scopo.

Il senso di appartenenza è una leva pericolosa da utilizzare, specie sulle menti piú culturalmente deboli e indipendenti. Si pensi per esempio ad alcune sette, dove è scoraggiato stringere rapporti di amicizia o familiari con persone esterne: questo consente una maggior presa sugli adepti stessi, che rischiando di ritrovarsi da soli, si guarderanno bene dal lasciare la setta, che li ostracizzerebbe tagliandogli ogni contatto e in definitiva, facendolo sentire un emarginato. Ecco perché il senso di appartenenza deve essere piú indirizzato verso un senso di lealtà alle proprie idee piuttosto che alle organizzazioni, siano esse religiose o laiche. Soprattutto, bisogna cercare di sviluppare il proprio senso di appartenenza su piú livelli. Essere Cristiani laici non è una contraddizione, quando questo porta l'ampliamento del proprio gruppo sociale e mira all'inclusione di tutti. Nel medioevo sarebbe stato impensabile proprio perché chi non apparteneva alla cerchia religiosa dominante veniva tagliato fuori e considerato eretico (come accade d'altronde anche adesso nell'Islam piú radicalizzato). Nel mio personalissimo caso, non ho nessun problema a sentirmi siciliano ed europeo: sono parimenti orgoglioso di fare parte di entrambe le comunità e anzi questa doppia appartenenza mi permette di vedere pregi e difetti delle due realtá e provare a mettere in atto una sintesi. Prendendo il meglio da entrambe.

Il senso di appartenenza però non deve farci abdicare all'ignoranza. Se guardiamo al mondo politico attuale, vediamo come certi partiti stiano facendo proprio leva su questo bisogno primario dell'uomo per raccogliere intorno a sé pericolosi consensi. Le Fake news sparse negli ultimi anni da personaggi prezzolati da una certa parte politica, sono proprio atte a dipingere certi leader come vicino al popolo, per carpirne la fiducia e catalizzare intono a sé consensi. E questo può accadere solo perché le persone culturalmente deboli si sentono private della loro identità (perché indotte a pensare che altri li stiano derubando del proprio ruolo o perché incapaci di stare al passo con i cambiamenti culturali e sociali che stiamo vivendo). Per intenderci, se la destra estremista sta facendo cosí danni in ambito europeo è anche colpa di quei partiti e realtá politiche che non sono stati capaci di creare né una solida base di consenso né, soprattutto, un reale spirito di appartenenza. Oltre al fallimento del sistema di istruzione di massa e dei mass media, che hanno creato orde di analfabeti funzionali. E visto che il senso di appartenenza aiuta a definire una persona, fortificandola nel "senso del sé", si rischia spesso di perdere l'obiettività, non ci si cura più di tanto nel giudicare correttamente le azioni e le parole del proprio leader. Si è inconsciamente più indulgenti, giacché l'idea proviene dal gruppo di appartenenza.

Il senso di appartenenza può essere però anche un grande stimolo al cambiamento, all'abbandonare certe posizioni aprioristiche e riconsiderarle osservandole da un punto di vista diverso. Mi viene da pensare ai complottisti, non importa quali. Essi si radicano in certe convinzioni, alimentate dal gruppo e dalla continuità affettiva, dalla fiducia reciproca e dall'assicurazione che i rapporti siano ragionevolmente prevedibili e quindi amichevoli e fruttuosi all'interno del gruppo di cui fanno parte. Cercano nel gruppo conferme al proprio pensiero, cosa che non trovano (e mai potranno trovare) nella comunità scientifica da cui sono esclusi. Il problema secondo me è che queste persone non capiscono che l'esclusione non è data aprioristicamente da un pregiudizio ma da una mancanza di metodo. Ma quando sono entrato in contatto con delle persone a cui voglio molto bene, il fatto di non voler perdere la loro amicizia, mi ha spinto ad aggirare la mia presunzione di ragione e mettere in dubbio le mie certezze. Che essendo basate su presupposti errati, sono infine crollate come castelli di sabbia. È stato il voler appartenere ad un gruppo, unita alla volontà di cercare la verità, a riattivare il mio senso critico, che mi ha portato a rivedere le mie posizioni e modificarle in base alle nuove informazioni.

Per evitare certe storture dettate dal senso di appartenenza, si dovrebbe quindi recuperare il senso critico, cioè imparare a non accetta nessuna affermazione senza interrogarsi sulla sua validità e a considerare una proposizione come vera solo quando è stata verificata, dove possibile, o quantomeno attentamente considerata. Il senso critico è come un muscolo e solo attraverso l'esercizio riusciamo a renderlo sempre più efficace. Maggiore esperienza e maggiori informazioni abbiamo sull'oggetto e più il giudizio sarà accurato e obiettivo. Maggiore è la nostra cultura e la nostra conoscenza della realtà, maggiore è la nostra obiettività e conoscenza di noi stessi, maggiore è la nostra comprensione dei meccanismi mentali e sociali, più efficace sarà il nostro senso critico. Stress ed emozioni influenzano negativamente, condizionandolo, il senso critico: il pensiero critico è efficace se realizzato a un basso livello di emotività.

Non esiste alcuna garanzia che il pensiero critico conduca ad una conclusione corretta (ovvero alla verità). Sia perché si potrebbe non disporre di tutte le informazioni necessarie alla valutazione, sia perché i pregiudizi del valutatore potrebbero inficiare il buon esito del procedimento. Ma sicuramente pone al di fuori di pericolosi estremismi, che offrono soluzioni facili e spesso irrealizzabili a problemi complessi.